giovedì 22 dicembre 2011

Natale con altri occhi... un'esperienza francescana dalla turchia


Da piccolo mi sembrava normale vivere il Natale in Turchia tra 70 milioni persone che non conoscevano il significato della festa.
“Turchia, il paese dove è sempre inverno ma mai Natale,” mia madre amava dire, citando il libro Le Cronache di Narnia, dove un paese intero vive sospeso in un inverno eterno.
Sebbene questa frase non si riferiva alla realtà Turca (vivevamo estati bellissime in Turchia), descriveva bene il modo con cui noi cristiani passavamo l’inverno in Turchia. Negli anni ’90, quando la mia famiglia si è spostata là per lavoro, i cristiani erano circa 100.000, meno dell’1 % della popolazione. Per la maggior parte della cultura turca c’era l’inverno (ovviamente con le proprie feste molto belle), ma non il Natale.
In quegli anni a Istanbul l’influenza della cultura consumista occidentale iniziava a farsi sentire nella forma di addobbi natalizi, senza però la presenza di Cristo. Luci rosse e verdi e uomini vestiti da Babbo Natale spuntavano fuori da ogni centro commerciale. La gente iniziava a comprare e decorare alberi di yılbaşı (capodanno). Per loro, la festa di Noel (Natale) e quella di capodanno erano la stessa cosa.
In questa atmosfera di un Natale “areligioso” il presepe montato sulla finestra del nostro appartemento al quarto piano, aquistava un nuovo significato, quello della testimonianza.
In modo molto più ampio, la Basilica di Sant’Antonio, posizionata lungo la strada pedonale principale della città di Istanbul rimane una delle poche testimonianze visibili del vero significato del Natale. Prendendo ispirazione dal loro fondatore San Francesco che attuò il primo presepe vivente nell’anno 1223 a Greccio, i frati francescani conventuali che vivono a Sant’Antonio hanno costruito presepi sempre più grandi negli ultimi anni. Gli addobbi natalizi hanno catturato l’attenzione dei giornali nazionali che hanno riportato articoli e foto delle decorazioni.
L’attenzione dei media fa sì che ogni anno la veglia di Natale è strapiena. Vengono non solo pellegrini di passaggio e i fedeli delle piccole comunità cristiane africane, filippine, italiane e turche che vivono a Istanbul, ma anche centinaia di ospiti musulmani, compresi giornalisti, personaggi famosi ed anche gente semplice, curiosa di vedere come i cristiani festeggiano. La liturgia viene celebrata in inglese, turco ed italiano con un coro di filipini che anima il canto. Alla fine della Messa si porta in processione il bambino Gesù alla mangiatoia nel presepio. Seguono poi balli e canti della comunità africana.
Credo che l’inverno senza Natale regala a noi cristiani in Turchia una consapevolezza particolare, cioè quella di partecipare al mistero dell’incarnazione, festeggiando la nascita di Dio come bambino in un paese che non lo conosce.  In questo modo diamo carne alla verità che Dio è diventato uomo.
Infondo questa è la realtà che vive ogni Cristiano, in qualsiasi paese che si trovi. Abbiamo la possibilità di incarnare Cristo nelle nostre feste questo Natale. Riportiamo il Natale dentro l’inverno!

martedì 20 dicembre 2011

Dinanzi al Presepe, si accende la luce della chiamata.



Negli scritti di Francesco, riguardo al Natale di Gesù, si trovano espressioni che denota tutto il suo coinvolgimento personale, che esprime così:

Ecco ogni giorno Egli si umilia come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine, ogni giorno egli viene a noi in apparenza umile.(Ammonizioni 1)

In quel giorno il Signore ha mandato la sua misericordia, nella notte si è udito il suo cantico… Rallegriamoci ed esultiamo, poiché il santissimo bambino diletto ci è stato donato e per noi è nato, lungo la via e deposto in una mangiatoia, perché non c’era posto nell’albergo.             ( Ufficio della Natività).


Si nota come quando Francesco, pensava al Mistero del Natale, comprendeva di trovarsi dinanzi al Mistero per eccellenza dell’Incarnazione e di esso ne comprendeva tutta la sua grandezza e misteriosità lasciandosi avvolgere ed interrogare da esso. Direi meglio lasciandosi chiamare da esso.
Nell'umiltà del Bambino divino che nasce nella povera mangiatoia avvertiva la propria vocazione ed a tale umiltà si è conformato così in pieno che, una leggenda, lo vuole far nascere nelle stesse condizioni di Cristo, in una stalla. Tale umiltà lui, l’ha fatta diventare il modello della sua chiamata a seguire Cristo povero e Crocifisso che già, al suo nascere, si presenta come colui che “discende” nel seno della Vergine.
Di questa discesa umile Francesco rimane talmente affascinato che diventa il suo stile e progetto di vita, una povertà non in quanto tale ma come condizione più simile a quella di Cristo.
Francesco compie il primo passo della sua chiamata rispondendo al “Seguimi”, di Gesù come fece Filippo e prima di lui Andrea, Simon Pietro e poi Natanaele e tutti gli altri dove prima del primo passo sono stati colpiti dallo sguardo partito dal cuore innamorato del Maestro.
Lo sguardo su Francesco si è posato durante la sua vita quotidiana, accorgendosi di Cristo che passava nella via della sua vita scendendo fino a lui e guardandolo nell’intimo del suo cuore.
Francesco capisce che non può più fare a meno di Cristo, ritrovandosi il cuore gonfio d’Amore che lo spingerà a lasciare tutto.
Potremmo definire la chiamata degli apostoli, di Francesco, la nostra stessa chiamata  una “chiamata natalizia”, perché ad ognuno lo sguardo di Cristo disceso fino a noi, ha acceso una luce, molto più forte delle tanti che accendiamo per gioire di questa festa le quali ci rimandano ad essa, Cristo che nasce nella miseria delle nostre vite, rendendoci  sede regale come rese la grotta di Betlemme, la più umile delle città.
Nella miseria della sua vita perciò Francesco non ha trovato i propri fallimenti, dolori, delusioni ma ha trovato il Messia come l’apostolo Andrea è corso a dire al fratello Simone, come il contadino che trova il suo tesoro, come il giovane che trova il suo amore, come il cercatore che trova la meta, oserei dire come ognuno cerchiamo la nostra vocazione, il senso per la nostra vita e trovato scopriamo come l’Amore di Dio ci inchioda con la sua seduzione facendoci divenire discepoli di questo Amore, discepoli di questa fiamma che arde, annunciatori umili della sua umiltà sublime come i pastori corsero ad annunziare ciò che avevano visto di meraviglioso nell’umiltà del presepe.
Francesco sceglie di lasciarsi amare dalla misericordia di Cristo umile incamminandosi in questo cammino di umiltà che lo porterà a trovare il Bambino che “nasce lungo la via”. Questa definizione che si trova in Francesco pone l’accento sull’assenza di dimora di Cristo e come lui Francesco sceglie di vivere con lui lungo questa via della vita, sceglie di lasciarsi amare lungo le vie insicure del mondo con la sola sicurezza dell’Amore di Cristo che mai gli sarà portato via, uno sguardo che continuerà ad essere intenso quanto più intenso sarà lo sguardo del chiamato che risponde ad esso.
Nella visione del presepe di Francesco, vediamo accendersi la luce di Cristo che chiama, come i pastori, come i magi, come gli apostoli, come Francesco, anche noi a lasciarci guardare, a lasciarci amare, a progettare la nostra vita sulla continua accensione di questa lampada con il nostro assenso incondizionato e fiducioso al suo Amore, partendo anche noi senza indugio.

Fr. Rocco Predoti

sabato 17 dicembre 2011

Verso il Natale... lo stupore di Francesco


Ormai, pochi giorni ci separano dall’evento del Natale, vogliamo avvicinarci a tale mistero con l’animo simile a quello di Francesco.
Un animo pervaso dallo Stupore, generato dall’incontro con la realtà dell’Incarnazione, del Dio fatto  carne in un bambino.  Un evento passato alla storia come l’invenzione del Presepe, ma l’intento di Francesco non era quello di proporre un rito che, fino ad oggi affascina e ci avvicina alla nascita di Gesù, semmai quello di vedere con i propri occhi le condizioni di indigenza nelle quali si degnò di Nascere l’Altissimo, infatti al suo compagno giunto a Greccio così disse:  vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello".
Francesco aveva bisogno di vedre con i propri occhi, bisogno di fare esperienza di Cristo, esperienza con il proprio corpo, voleva gustare in pieno del mistero dell’Incarnazione, non voleva sciuparlo, voleva imprimerlo nella mente.
A, noi, l’occasione di gustare nel mistero del Natale l’incarnazione che viene rivissuta nel Natale, per ricordarci che Cristo è venuto ad abitare con noi, ma soprattutto in noi, nei nostri gesti. Accorgiamoci di chi sta accanto a noi, di colui che passa per la nostra vita, di colui che ci ricorda quel bambino a Betlemme bisognoso di un sorriso, una carezza, un’attenzione. Riscopriamoci chiamati alla realizzazione più grande dell’uomo, alla santità, osando tendere al ritorno pieno del nostro essere uomini e donne, al nostro essere persone amanti. Riscopriamo l’Amore in questo Natale, perché per Amore Dio si fece uomo, perché per Amore noi diventeremo pienamente uomini e donne.
Amiamo senza stancarci, amiamo senza arrenderci, amiamo perché è Natale, amiamo perché siamo amanti.
Buona preparazione al Natale…
                                                                       Fr. Rocco Predoti

mercoledì 14 dicembre 2011

Proposta Vocazionale... con Francesco per il mondo


Carissimi, è questo il programma per le nostre attività vocazionali  dei Frati Minori Conventuali della Custodia di Calabria, un'opportunità per conoscere meglio S. Francesco e per poter vivere un'esperienza a stretto contatto con i Frati Francescani.
Un'occasione per poter riflettere sulla chiamata all'Amore della propria vita nelle singole dimensioni della vita consacrata e della vita matrimoniale e per scoprire nella propria vita la bellezza della Vocazione Cristiana così come Frate Francesco l'ha insegnata ai suoi frati ed a quanti lo hanno conosciuto.

Cos'altro dirvi???  Che siete invitati e noi frati altro non possiamo fare che attendervi e condividere con voi il nostro tempo, il nostro ascolto e la nostra vita.
Chiamati ad essere fraternità, chiamati ad essere inviati ad ogni uomo ed ogni donna, chiamati ad essere frati di Francesco, fratelli di ogni persona nella grande famiglia dei Figli di Dio.
Un abbraccio ad ognuno di voi, augurandovi una buona preparazione al Natale piena di gioia a voi ed ai vostri sogni.....

sabato 10 dicembre 2011

Verso Il Natale, con gli occhi di Francesco


Dalle Pagine della Biografia di S. Francesco scritta da Tommaso da Celano, leggiamo cosa Francesco desiderava nel realizzare il primo presepe, quale Amore lo ha spinto a concretizzare in quell'atto le sue aspirazioni...

La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l'impegno, con tutto lo slancio dell'anima e del cuore
la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo

Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l'umiltà dell'Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.


A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore.

C'era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carn

e. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: "Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il

Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello". Appena l'ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l'occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo

E giunge il giorno della letizia, il tempo dell'esultanza! Per l'occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s'accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fin

e Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l'asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l'umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.

Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponen

ti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.

Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l'Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.

Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù infervorato di amore

celeste lo chiamava "il Bambino di Betlemme", e quel nome "Betlemme" lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva "Bambino di Betlemme" o "Gesù", passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole.

Vi si manifestano con abbondanza i doni dell'Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l'avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia.

. Il fieno che era stato collocato nella mangiatoia fu conservato, perché per mezzo di esso il Signore guarisse nella sua misericordia giumenti e altri animali. E davvero è avvenuto che in quella regione, giumenti e altri animali, colpiti da diverse malattie, mangiando di quel fieno furono da esse liberati. Anzi, anche alcune donne


che, durante un parto faticoso e doloroso, si posero addosso un poco di quel fieno, hanno felicemente partorito. Alla stessa maniera numerosi uomini e donne hanno ritrovato la salute

Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra il presepio è stato costruito un altare e dedicata una chiesa ad onore di san Francesco, affinché là dove un tempo gli animali hanno mangiato il fieno, ora gli uomini possano mangiare, come nutrimento dell'anima e santificazione del corpo, la carne dell'Agnello immacolato e incontaminato, Gesù Cristo nostro Signore, che con

amore infinito ha donato se stesso per noi. Egli con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna eternamente glorificato nei secoli dei secoli. Amen.

mercoledì 7 dicembre 2011

Il Magnificat, risposta vocazionale


Carissimi,
stiamo vivendo la vigilia della Solennità dell’Immacolata Concezione, Solennità tanto cara a noi Frati Minori Conventuali, innanzi tutto per l’infinito Amore con cui S. Francesco circondava la Madre di Dio ed anche perché alla scuola dell’Immacolata si son formati i più grandi Santi del Nostro Ordine: da S. Antonio di Padova, S. Bonaventura da Bagnoregio, Beato Duns Scoto, S. Giuseppe da Copertino che dinanzi alla statua dell’Immacolata che tuttora si venera nella Basilica S. Francesco in Assisi ebbe un’estasi presente l' ammiraglio di Castiglia, S. Francesco Antonio Fasani che si definiva spesso come “ Il peccatore dell’Immacolata”, il Beato Bonaventura da Potenza che dell’esempio obbediente di Maria ne fece il punto saldo della sua consacrazione religiosa, terminando con San Massimiliano Kolbe, apostolo dell’Immacolata che ha saputo vedere in lei il faro che poteva rischiarare con la luce di Cristo le tristi tenebre dell’idealismo nelle quali l’Europa era avvolta nei primi anni del 1900, epoca in cui Massimiliano visse e la sua morte nel Campo di Auschwitz fu l’apice di questa scuola dell’Immacolata essendosi offerto di morire al posto di un padre di famiglia.
Questa schiera di santi che non si limita ad essi ma a quanti hanno vissuto la propria consacrazione nella prospettiva del si di Maria, testimoniano la ricchezza del Magnificat di Maria, magnificando con la loro vita l’operato della Parola di Dio nella loro vita.
E’ interessante notare come la parola “ Magnifica”, apra il canto che segue la risposta alla proposta vocazionale dell’Angelo; dopo, l’Eccomi, innanzi ad Elisabetta canta il suo Magnificat.
Vediamolo come un continuo della risposta all’Angelo, una presa di coscienza di ciò che comporta l’adesione al progetto di Dio.
Maria canta il suo magnificat, comprende che al piccolo “SI”, corrisponde la grandezza delle cose che il Signore compie in lei, una grandezza operata a motivo della promessa che Dio fa a Lei, rendendola partecipe del suo Progetto, Maria aderendo all’infinito Progetto di Dio, non ne diventa una piccola operaia ma diviene parte integrante di tale immensità.
Comprendiamo come, innanzi alla Meraviglia che tale constatazione comporta, l’unica reazione possibile è un’ancor maggiore apertura innanzi al Mistero, rimettendo nelle mani di Dio la grandiosità di quanto ha operato in Lei, dimostrando come la Piccola Vergine di Nazareth, diventi così di una grandezza così infinita tale da poter contenere l’attuazione del Progetto Divino, ossia il Figlio di Dio, l’Incarnazione del Verbo.
La risposta alla proposta di una chiamata divina, non può non comportare la grandezza, la quale deve far allontanare ogni paura, paura necessaria per poter comprendere sempre più la grandezza delle promesse di Dio, mettendo innanzi alla sua grandezza la nostra piccolezza.
Perdonate il gioco di parole circa il termine “Grandezza”, ma esso è voluto, perché è lo stesso termine Magnificare (da Magnum Faciere - rendere grande) che rende d’obbligo il rimarcare la grandezza di Dio connessa alla grandezza delle sue Parole, Parole che sono allo stesso tempo azioni che compie in noi, nella nostra storia.
Ecco che la chiamata vocazionale non ha solamente l’aspetto di un intimo dialogo tra Dio e noi, ma esso, una volta data la risposta diventa realizzazione di una promessa dalla portata universale.
Dio parla e parla nella grandezza delle nostre azioni, e noi perciò lo Magnifichiamo.
E tu magnifichi il Signore? Per cosa?
Forse si può rispondere limitandosi a dire che non si ha una chiamata vocazionale, ma è pur vero che si ha una chiamata alla santità, che vuol dire aprirsi alla novità quotidiana di Dio. Questo ci comporta ancor di più il Magnificare il Signore, perché innanzi tutto ci ha amati e ci ha resi capaci di amare, un Amore che non si limita ad un affetto che va e viene ma che ci fa essere tutto per l’altro, ci fa piangere, soffrire e gioire tutto per l’Amore, quale cosa grande vi è più dell’Amore, esso fa dare senso alle nostre azioni, fa vivere i singoli giorni, fa continuare la lunga poesia della Vita.
Quale motivo abbiamo in più se non l’Amore per poter magnificare il Signore che spesso non ci accontenta dimostrando di non essere simile al genio della lampada, ma ci fa essere Homo Amantis permettendoci, nell’epoca tecnologica di riscoprire la vera dimensione antropologica dell’uomo creato dall’Amore e creato per Amare.
E’ vero che spesso, e troppe volte, la realtà non ci mette nella condizione di magnificare ma anzi, si leva il grido di chi è allo stremo, di chi ha esaurito le risorse della speranza, di chi non sopporta più la situazione di dolore e solitudine nella quale si trova, di chi non ha risposta ai tanti tristi perché della vita.
Possiamo pensare quindi che il Magnificare Dio sia una sfida, ovvero riconoscendo la sua azione che passa per le piccole cose, per i piccoli gesti, per le piccole attenzioni di qualcun altro che magari non cambieranno la nostra vita ma cambieranno la nostra esistenza riportandoci sulla dimensione dell’uomo Amante.
Francesco d’Assisi, il cantore di Maria, ha fatto vedere come si possa Magnificare il Signore anche dal nulla ma avvolti dalle tante cosa che Dio ci mette a disposizione per farci intuire che lui c’è.
Un tramonto, un volo di farfalla, un canto d’uccelli, un fiore d’inverno per Francesco erano motivo di magnificenza, che neppure le sofferenza gli hanno permesso di sopprimere.
Giunge in aiuto la Testimonianza di Massimiliano Kolbe, che, a quanto detto dai testimoni, nel Bunker della Fame, ha saputo continuare a magnificare e lodare Dio.
Forse era matto per lodare Dio in mezzo alla più buia delle realtà che la storia abbia conosciuto? A voi, lascio questa provocazione……. Buona Solennità dell’Immacolata…
                                                                                                          fr. Rocco Predoti

mercoledì 23 novembre 2011

Attendere, = Esigenza d'Amore

Mi permetto di rubare l'espressione da Don Tonino Bello, adattandola un pò: Attendere = Esigenza d'Amare.
Il termine Attesa ed il corrispettivo verbo già iniziano a risuonare attorno a noi mentre ci si prepara ad iniziare la prossima domenica il periodo liturgico che ci ricorda di essere in una continua proiezione verso Colui che attendiamo, il Cristo che verrà per giudicarci con un giudizio di misericordia.
Un giudizio di misericordia, fa pensare all'assoluta novità del giudicare di Dio, la misericordia, un metro che esce da ogni sistema giuridico umano dove la base del diritto è la giustizia.
La Giustizia d'Amore, oserei dire, dove a ciascuno di noi è riservata la parte dell'amato dinanzi al quale l'Amore     si rivela come Misericordia, si  rivela come perdono; ecco il senso profondo dell'attesa dell'Avvento dove è riduttivo pensare tale tempo come una semplice preparazione al Natale, ma il periodo dell'Attesa. 
Attendere quindi, è una esigenza dell'Amore, non un semplice aspettare dove la presenza del lento presente può arrecare noia o impazienza ma attesa, proiezione della gioia che il prossimo incontro ci porta. 
Si aspetta l'autobus, l'inizio delle lezioni, una graduatoria, un risultato d'esame, ma si attende l'innamorata con un mazzo di rose in mano, magari sotto l'acqua, magari a far figure da cretino ma il presente non pesa perchè la gioia di incontrarla, di un solo sguardo, di una sola parola vale molto di più dell'attesa.  
Che bellezza attendere, ha un gusto unico, ti mette in bocca il sapore di ciò che non si ha, ma come se già lo avessi, attendere ti fa comprendere il valore che dai a ciò che aspetti.
Purtroppo l'Attesa di Cristo è ormai stata relegata tra due poli deleteri: l'indifferenza, considerandola lontana e la fobia di chi vede scenari apocalittici prossimi ad abbattersi sulla terra. 
Ma l'Amore non è apocalittico nè lontano, esso è vicino e dolce, ha l'aspetto di uno sguardo, la sensazione di un abbraccio, il desiderio di un incontro. Attendere di incontrare Colui che dona la sua vita per me solo perchè mi ama, quale desiderio più alto e nobile. 
Riprendiamoci il gusto di attendere, di attendere a cose molto alte e nobili come l'Amore, riprendiamo a considerare l'Amore nella sua lentezza di ritmi attendendo, uscendo un pò dalla frenesia che ormai ci toglie il bello dell'attesa e ci rende snervanti quando dobbiamo aspettare, un autobus, un treno, o persino 2 secondi per un download. Riprendiamoci il gusto di attendere, per scoprire di essere ricchi di ciò che la natura ci dona ma sopratutto delle persone che ci stanno attorno. 
Riscopriamo l'attesa dei fidanzati, l'attesa del matrimonio, l'attesa del figlio, riscopriamo l'attesa per riscoprirci esseri animati dall'Amore, per riscoprire la nostra viva umanità, riscopriamo l'Attesa preludio all'Amore. Riscopriamo l'Amore. 
             fr. Rocco Predoti

domenica 20 novembre 2011

Memorie di Missione - Pavia 5-12 Novembre


Quando siamo arrivati alla stazione di Pavia, Sabato 5 novembre, non soltanto c’era un forte temporale ad accoglierci ma anche delle buone persone che erano venuti per accompagnarci nelle rispettive Parrocchie dove avremmo svolto la Missione Popolare. Siam partiti in cinque dal Seminario “Franciscanum” di Assisi: fr. Vincenzo Giannelli, fr. Rocco Predoti, fr. Josef Pace per andare nella Parrocchia S. Maria di Caravaggio, mentre fr. Alfonso Di francesco e fr. Christian Borg nella Parrocchia S. Mauro.

Noi che siamo andati nella parrocchia S. Maria di Caravaggio all’arrivo siamo stati accolti dal Parroco Don Carluccio Rossetti che ci ha accompagnati nella Chiesa Cattedrale per ricevere il mandato missionario dal Vescovo della città di Pavia.

Ci è stato consegnato il Vangelo anima della Missione: Le parole che Gesù pronuncia quando incontra Zaccheo(Lc 19, 1-10) Oggi voglio fermarmi a casa tua.

Si è rivelato veramente essere l’anima della missione per noi che siamo stati chiamati ad essere missionari, entrando non solo nelle case ma anche nel cuore di tantissime persone per fare semplicemente una visita come lo è stato per Zaccheo, una visita che ha poi cambiato la sua vita.

Una calorosa accoglienza ci è stata riservata alla messa domenicale quando siamo stati presentati a tutta la parrocchia insieme agli altri missionari: Fr. Simone Tenuti, fr. Giambo Scalabrini, Sr. Ester, Sr. M. Dolores e Sr. Rosaria. Da quel momento in poi i cuori dei singoli parrocchiani ci han fatti sentire parte di loro, hanno preparato il terreno perché il seme potesse essere seminato, a tal proposito vi era anche un vaso con del terreno dentro il quale son stati piantati dei semi di grano che poi nel corso della settimana hanno iniziato a tirar fuori i primi germogli.

Inviati ad entrare nelle case, estranei che vanno a bussare alle porte per portare che cosa? Un annuncio di pace rispondevamo, questo lasciava perplessi molti che si aspettavano il solito scocciatore che chiedeva soldi, ma soldi non chiedevamo, bensì entravamo nelle famiglie per dare un po’ del nostro tempo per ascoltare. C’era la necessità di ascoltare, famiglie dove si rimaneva ore ad ascoltare, famiglie che non sono ascoltate più da nessuno, che non ascoltano più nessuno, che non si ascoltano tra loro. Risuonava come un bene perduto e ritrovato quest’ ascolto, allora ci affidavano le loro difficoltà quotidiane, i loro dubbi e problemi, le loro malattie vissute spesso nel silenzio e nell’anonimato di chi condivide lo stesso condomino, vite che si spegnevano mentre a una parete di distanza la vita scorreva per altri versi.

C’era un urgente bisogno di sentirsi persona attiva che vive in una società che troppe volte relega l’uomo ad un numero.

Quanti sguardi incrociate, quante speranze sostenute, quante solitudini rese meno pesanti per qualche minuto con un sorriso una carezza. Questo era lo scopo della visita nelle famiglie, non c’era un invito né una proposta ma soltanto una visita con tutta la ricchezza che la sua semplicità può portare.

Famiglie incontrate anche nei centri di ascolto, bellissima realtà di piccola comunità domestica che fa respirare l’aria delle comunità cristiane delle origini dove ci si riuniva nel proprio ambiente vitale per condividere la Parola di Dio, dove al termine di una giornata diverse famiglie si riuniscono per ascoltare la Parola e condividere le proprie impressioni.

Ho visto gente aperta all’ascolto della parola, che da essa si lascia attraversare ed interrogare, capace di saperla leggere tra le righe del proprio vissuto quotidiano; famiglie capaci di Dio.

Abbiamo incontrato famiglie anziane, che raccontavano con gioia e soddisfazione del loro passato e con orgoglio facevano vedere le foto di figli e nipotini, ma anche famiglie giovani con le loro attese sul futuro e le tante domande lecite su questioni che interessano loro da vicino e le cui risposte non sempre vengono date nella piena verità.

È stato bello vivere insieme a tanti giovani, vivere una settimana con loro, nelle loro strade, nei locali che frequentano, ascoltarli e parlare o meglio chiacchierare con loro, perché anche un discorso apparentemente privo di particolare senso può rivelare l’interesse per la persona che sta dinanzi.

Giovani e ragazzi incontrati anche nelle scuole, con gli occhi pieni della loro vita, occhi pieni di gioia, una gioia a volte, nei più piccoli portata via dagli interessi di felicità dei grandi.

Era bello star nelle classi die più piccoli, ascoltare le loro domande, apparentemente buffe ma piene di tutta la loro curiosità e vivacità, curiosi di conoscere Gesù, frate Francesco e di incontrare persone insolite come un frate o una suore. Curiosità viva anche nei ragazzi più grandi che desideravano conoscere Gesù, soprattutto l’autentico suo messaggio, dove si parla di Amore, amore vero. Ero meravigliato a vedere come ne rimanevano affascinati, lungi da ogni tentativo di proselitismo clericalizzante, ma semplice annuncio.

E Poi la splendida realtà parrocchiale dove si respirava l’aria di casa, la casa da cui trae la propria etimologia la parrocchia. Il Parroco aveva la parola giusta per ogni persona, non un prete d’ufficio ma un Buon Pastore di anime che si prendeva cura per ognun , e dico, ognuno dei propri Parrocchiani. Un uomo che ha ben capito cosa significa essere Parroco, non una persona seriosa, anzi… ma che veramente il suo donarsi non è retorica, e l’abbiamo sperimentato nel modo col quale ci ha accolti e trattati nella nostra settimana, grazie anche al valido aiuto del vice parroco don Riccardo e delle persone che ci hanno trattati nel migliore dei modi. A loro e a tutti voi, della Parrocchia Caravaggio va il nostro grazie per averci accolto e fatti sentire a casa, per averci amato e per averci ascoltato. Grazie di cuore a tutti voi….

Fr. Rocco

giovedì 3 novembre 2011

E Adesso... Andate a due a due x il mondo....


“Quale gioia star con te Gesù, vivo e vicino…..”, queste parole riecheggiavano ancora tra le mura vuote della Basilica Superiore di San Francesco dopo che i Giovani erano ripartiti.

Circa mille giovani da tutt’Italia son stati qui riuniti attorno a Francesco per il 32° Convegno Giovani verso Assisi. Mille volti, mille storie, mille strade percorse sin qui, un pellegrinaggio compiuto in contemporanea con quello di Benedetto XVI e i capi religiosi alla ricerca della verità.

Sono convinto che anche i nostri Giovani son venuti qui alla ricerca della verità, venuti da realtà dove si spaccia tutto per verità ma nulla riesce ad esprimerla; verità che sembrano avvolgere tutto ma poi svaniscono cm la nebbia che in queste fredde mattinate accoglieva i giovani nascondendo la realtà vera delle cose circostanti e solo più tardi si scioglieva rivelando le bellezze del paesaggio umbro.

La nostra cara società ci coccola e ci promette tante cose scintillanti, belle e attraenti ma spesso si legge nel volto di noi giovani la continua ricerca del verso senso delle cose, la ricerca di cose che durano, affetti saldi, amori infinti e assoluti.

Li ho visti cercare questo, la verità della loro vita, come Francesco, marciare contro tendenza, ascoltare il messaggio proveniente da uomini di Chiesa, uomini che parlavano di Dio.

Li ho visti stare in silenzio innanzi all’assurdo, innanzi all’Eucarestia, stare contro tendenza, ascoltare la voce del silenzio.

Li ho visti piangere, smuovere il loro intimo, pensare contro tendenza, ascoltando le profondità dei loro cuori.

Questo è Francesco, questa è la bellezza dell’essere cristiani, dell’essere giovani cristiani. Giovani che ridono, che piangono, che ballano, che si tengono per mano, che si emozionano, che si innamorano, che sperano, che credono in un domani più bello, un domani costruito da loro.

Ho avuto la bellissima gioia di poter stare con i giovani della mia regione, i giovani della Calabria.

Veramente ragazzi controtendenza che osano sperare in una terra dove la speranza le sembra non appartenere più, dove spesso dall’esterno si guarda con un occhio di disprezzo a volte di pietismo, dall’interno invece con commiserazione e rassegnazione.

Loro no, non avevano il volto grigio dei rassegnati, ma la luce di chi spera, di chi ama la propria terra e crede e vuole che ogni giorno sia migliore del giorno precedente. Giovani che amano Francesco perché con le cose semplici seppe cambiare il mondo.

Vi confido che io credo nei nostri giovani, credo che sapranno rendere più bella la nostra Calabria che già è bella…

Ora è rimasta un Assisi vuota, Assisi che al mattino quando la nebbia si scioglie non rivela più i loro colori allegri, le loro risate, i loro volti gioiosi. Hanno lasciato un vuoto perchè hanno saputo riempire questa piccola cittadina...

Auguro a tutti voi, miei cari giovani o compagni, di poter sempre essere annunciatori di Gioia, testimoni della Bellezza che sorge nei vostri cuori e di poter sempre gridare…. In eterno canterò Allelujà, tu sei fedeltà Signor, Tu eterna novità.

Fr. Rocco

domenica 23 ottobre 2011

Il Papa e le altre Religioni....pellegrini della pace..ad Assisi



Così Assisi si prepara al Pellegrinaggio del papa con i delegati delle altre religioni mondiali e con alcuni non-credenti...





Saranno 176 gli esponenti delle diverse tradizioni religiose non cristiane e non ebraiche che parteciperanno all’incontro interreligioso di Assisi il prossimo 27 ottobre.

I numeri dell’imminente Giornata di Riflessione, Dialogo e Preghiera per la Pace e la Giustizia nel Mondo “Pellegrini della Verità, Pellegrini della Pace” sono stati illustrati questa mattina in Sala Stampa Vaticana, da monsignor Pier Luigi Celata, segretario del Pontificio consiglio per il Dialogo Interreligioso.

Dei 76 leader che hanno confermato la presenza, 4 sono in rappresentanza delle religioni tradizionali di India, Africa e America.

Ad Assisi parteciperanno 18 esponenti delle religioni del subcontinente indiano, tra cui, 5 personalità indù con due accompagnatori: tra queste figura Rajhmoon Gandhi, già presente alla Giornata del 1986. In totale saranno 3 jainisti, 5 sikh, 1 zoroastriano e, per la prima volta ad Assisi,1 bahai.

Tra le altre religioni asiatiche saranno presenti 67 buddisti provenienti da Corea del Sud, Sri Lanka, Myanmar, Cambogia, India, Singapore, Taiwan, Australia e, per la prima volta, dalla Cina.

Il Confucianesimo avrà tre rappresentanti, di cui un capo-delegazione e due accompagnatori, tutti provenienti dalla Corea del Sud.

Il Taoismo avrà anch’esso tre rappresentanti, di cui un capo-delegazione e due accompagnatori, tutti da Hong Kong.

Due delegazioni shintoiste arriveranno dal Giappone per un totale di 17 partecipanti. Sempre dalla terra nipponica giungeranno 4 diverse denominazioni delle Nuove Religioni per un totale di 17 partecipanti.

“La partecipazione dei musulmani – ha commentato mons. Celata - è risultata, indubbiamente, condizionata da alcuni fattori, sia per il numero che per il livello di rappresentatività, come la situazione socio-politica in diversi Paesi arabi a forte maggioranza musulmana del Medio Oriente, del Nord Africa e del Golfo”.

Complessivamente, comunque, i rappresentanti dell’Islam di Africa, Europa, America e Asia occidentale saranno 48 e provenienti dai seguenti paesi: Giordania, Israele, Egitto, Libano, Algeria, Marocco, Iran, Turchia, Arabia Saudita, Albania, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Azerbaigian, Tajikistan, Regno Unito, Francia, Italia, Portogallo, Stati Uniti.

Il numero di musulmani è in crescita rispetto alle edizioni della Giornata di Assisi del 1986 (11) e del 2002 (32). Il prossimo 27 ottobre saranno in totale 50.

Dall’Asia Merdionale e Sud-Orientale arriveranno altri 12 musulmani (5 personalità e 7 accompagnatori) provenienti da Pakistan, Bangladesh, Thailandia ed Indonesia.

Sul fronte delle chiese cristiane non-cattoliche, don Andrea Palmieri, incaricato della Sezione Orientale del Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani, ha annunciato l’arrivo ad Assisi di 31 delegazioni.

Per le Chiese d’Oriente saranno presenti 17 delegazioni. Il Patriarca Ecumenico, Bartolomeo I, guiderà la delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli.

Parteciperanno alla Giornata di Assisi anche l’arcivescovo di Tirana, il Metropolita di Astana e Kazhakistan, in rappresentanza del Patriarcato di Mosca, oltre ai rappresentanti della Chiesa armena e di quella sira malankarese e di quella Assira d’Oriente.

Tra le chiese riformate d’Occidente figureranno, tra gli altri, i leader della comunità anglicana (arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams), della Federazione Luterana mondiale, della Comunione Mondiale delle Chiese Riformate, del Consiglio Metodista Mondiale, dell’Alleanza Battista Mondiale, oltre a un Consiglio Ecumenico delle Chiese.

Tra le comunità ebraiche parteciperanno delegazioni dell’International Comittee on Interreligious Consultation, del Gran Rabbinato d’Israele, e della comunità di Roma, nella persona del Rabbino Capo, Riccardo Di Segni.

È stato invece monsignor Melchior José Sanchez de Toca y Alameda, sottosegretario del Pontificio Consiglio della Cultura, ad annunciare i rappresentanti dei non-credenti: Julia Kristeva, psicanalista e filosofa franco-bulgara, allieva di Michel Foucault, Jacques Derida e Roland Barthes; Remo Bodei, professore di Filosofia all’Università di Pisa; Giullermo Hurtado, filosofo dell’Università messicana UNAM; Walter Baier, economista marxista austriaco.

martedì 18 ottobre 2011

Si muore anche per Amore...Ucciso Fausto l’amico dei tribali


Oggi, Festa dell'Evangelista Luca la Chiesa ne ricorda il suo Martirio, esso avvenne duemila anni fa e del martirio spesso si pensa come ad un evento avvenuto all'epoca degli imperatori Romani. Ancora oggi la Vocazione al martirio è presente e viva nella Chiesa, in molte parti del mondo, i cristiani sono perseguitati e non mancano donne e uomini che sanno donare la propria vita nel senso pieno del termine, sino allo spargimento del Sangue.
L'uccione di un sacerdote provoca dolore ma anche tanta speranza nel sapere che non si muore solo per denaro, per faida, per vendett, per follia ma si muore nella piena coscienza di amare Dio nel volto di ogni uomo. Questo uomo, Padre Fausto ha portato a pieno compimento la sua vita, ha dato la più alta testimonianza dell'Amore di Cristo unito a lui nel sacrificio della Croce.
Riporto il testo che oggi, ha descritto quanto accaduto sulle pagine di Avvenire.

Ucciso davanti alla sua chiesa in una remota area dell’isola di Mindanao. Padre Fausto Tentorio è l’ultimo a cadere fra gli esponenti di una Chiesa e di una missione che continua nell’impegno al fianco degli ultimi. Uomini drammaticamente testimoni e vittime di una situazione di violenza e insicurezza endemica che nelle Filippine sembra sfuggire a ogni regola.
Due uomini in motocicletta con il casco, uno scende con in mano una pistola e spara in rapida successione alcuni colpi. Il bersaglio cade colpito al capo e alla schiena. Questa, secondo le prime testimonianze, la ricostruzione dell’omicidio. Uno dei tanti nelle Filippine senza pace e spesso senza legge, ma a cadere sotto i colpi dell’assassino questa volta non è un imprenditore durante un tentativo di sequestro, oppure un oppositore politico un attivista sociale o un giornalista. Questa volta è toccato a padre Fasto Tentorio, 59enne missionario del Pontificio Istituto per le Missioni Estere (Pime), brianzolo di nascita ma da trent’anni nell’arcipelago asiatico. Ieri mattina, dopo la Messa nella sua parrocchia di Arakan, in un’area montana della provincia di North Cotabato, sull’isola di Mindanao, padre Tentorio stava per salire sulla sua auto per recarsi come ogni lunedì alla riunione del presbiterio di Kidapawan, quando è stato avvicinato dal killer che gli ha sparato con una pistola. I fedeli che si trovavano all’interno della struttura parrocchiale hanno sentito gli spari e sono usciti in tempo per vedere un uomo col casco scappare verso una moto che si è allontanata. Inutile la corsa di trenta chilometri di strada di montagna all’ospedale di Antipas dove il missionario è arrivato già cadavere. Contro il parere dello stesso vescovo di Kidapawan, la diocesi che include vaste aree di difficile accesso anche per gli operatori ecclesiali, tra cui Arakan, gli stessi parrocchiani di padre Tentorio ne hanno riportato indietro la salma per la veglia funebre. A sera pure i ribelli del Fronte islamico di liberazione del Moro hanno condannato l’agguato. Il missionario italiano era nelle Filippine dal 1978, dal 1985 nella «sua» missione dell’Arakan dove, ricorda il superiore del Pime nelle Filippine, padre Giulio Mariani, «da più di 30 anni faceva un lavoro magnifico, era amato da tutti». Non privo di rischi personali, però. Come specificato da padre Mariani, nel 2003 il missionario del Pime era sfuggito a un tentativo di sequestro: «Ha sempre lavorato nella zona abitata da emarginati, tribali filippini, musulmani. Era molto apprezzato. Forse ha pestato i piedi a qualcuno, ma non sappiamo ancora. La sua era una missione delicata perché quando hai a che fare con emarginazione e povertà sei destinato a dare fastidio».


Stefano Vecchia

lunedì 10 ottobre 2011

Il Martirio...testimonianza Francescana


Quando il primo gruppo di frati andò in Marocco e fu martirizzato a questa notizia frate Francesco rispose: "ora posso dire di avere dei veri frati minori".
Oggi facciamo memoria del secondo gruppo di frati che subirono il martirio in Marocco a Ceuta nel 1227 un anno dopo la morte di Francesco; un gruppo di frati calabresi Daniele, Leone, Nicola, Ugolino, Angelo, Samuele e Donnolo partiti dal convento di Castrovillari e diretti a testimoniare la bellezza dell'Amore di Dio nell'ideale di Francesco.
E' stupefacente come con quale semplicità ed innocenza si recarono tra i saraceni a predicare, a voler raccontare quella bellezza che aveva sconvolto e cambiato le loro vite a punto tale da indurli a partire x terre lontane...
Quello che rimane a noi oggi, tralasciando le modalità di tortura ed uccisione è la loro capacità di essere testimoni del bello, capacità che dovremmo tutti riprendere in mano e risollevare questo nostro mondo: la bellezza del'essere frate, sacerdote, la bellezza sorprendente del matrimonio, dell' Amore, la bellezza dell'impegno sul lavoro e nello studio....... Siamo capaci di poter dire "Eccomi", come i nostri martiri conterranei ala bellezza... Chiudo il tutto con queste parole scritte di pugno da Santa Chiara: sempre vedendo il tuo principio,
ciò che hai ottenuto, tienilo stretto, ciò che stai facendo, fallo e non
lasciarlo, ma con corsa veloce, passo leggero, senza inciampi ai piedi,
così che i tuoi passi nemmeno raccolgano la polvere, sicura, nel gaudio e
alacre avanza cautamente sul sentiero della beatitudine, a nessuno credendo, a nessuno acconsentendo che volesse richiamarti indietro da questo proposito, che ti ponesse un ostacolo sulla via, per impedirti di
rendere all'Altissimo i tuoi voti in quella perfezione alla quale ti chiamò lo Spirito del Signore."

mercoledì 5 ottobre 2011

domenica 2 ottobre 2011

La Vocazione di Francesco: parlano i “ Tre Compagni”


La Vocazione di Francesco: parlano i “ Tre Compagni”

Tu sei generoso e cortese verso persone da cui non ricevi niente, se non una effimera simpatia; ebbene è giusto che sia altrettanto generoso e gentile verso i poveri, per amore di Dio, che contraccambia tanto largamente.” Queste parole, raccontano Leone, Rufino ed Angelo, disse a sé stesso, il giovane Francesco, quando iniziava a comprendere come tutto il suo stile di vita gli dava solo gioie leggere. per Francesco non avviene un colpo di fulmine, non c’è un prima e un dopo nella conversione, ma l’ “incontro” tra lui e Dio avveniva a piccoli passi ;Questo , con i poveri, è il primo dei tanti passi che Francesco compie verso quel Dio che, pure, cammina verso di lui.

Così Francesco in sé nutriva il desiderio di diventare cavaliere e va, prima a Perugia, dove vien fatto prigioniero e lì “mentre i compagni si abbandonavano all’avvilimento, lui, ottimista e gioviale, si mostrava allegro ed ad uno dei compagni di prigionia che gli altri isolarono, Francesco soltanto continuò ad essergli amico”, poi mentre si dirigeva in Puglia per combattere, il Signore lo visita in sogno “ lo condusse in un solenne palazzo, in cui spiccavano appese alle pareti armi ed armature da cavaliere... allora una voce gli chiese: “Chi può esserti più utile: il padrone o il servo?”. Rispose: “Il padrone”. Quello riprese: “Perché dunque abbandoni il padrone per seguire il servo e il principe per il suddito?”. Allora Francesco interrogò: “ Signore cosa vuoi che io faccia?”. Concluse la voce: “Ritorna nella tua città, ti sarà detto cosa devi fare”.

Allora Francesco, sempre più vicino al progetto che Dio stava preparando per Lui, obbedisce alla richiesta e ritorna nella sua città tra l’incomprensione di tutti per aver lasciato l’aspirazione della sua vita: quella di diventare cavaliere. Iniziava ad esser cambiato oltre che all’esterno, soprattutto nel suo intimo, ed i suoi compagni annotavano come “svincolandosi man mano dalla superficialità, si appassionava a custodire Cristo nell’intimo del cuore... ed insisteva nella preghiera perché il Signore gli indicasse la sua vocazione”.

Il suo cambiamento diventava perciò sempre più radicale finchè un giorno sentì dirsi : “ Francesco, se vuoi conoscere la mia volontà, devi disprezzare e odiare ciò mondanamente amavi e bramavi possedere. Quando avrai iniziato a fare così, ti parrà insopportabile e amaro quanto per l’innanzi ti era attraente e dolce e dalle cose che una volta aborrivi, attingerai dolcezza grande e soavità”.

Iniziò a liberarsi dall’egoismo ed uscire dall’amore verso di sé amando gli altri, soprattutto coloro da cui non poteva essere ricompensato, in particolae i Lebbrosi che in quel tempo stavano nei lebbrosari nella valle di Assisi. Francesco si reca proprio tra loro per concludere il cammino di incontro verso Dio avendo trovato nel volto lacerato dei Lebbrosi il volto dolce e soave del suo Signore.