Da piccolo mi sembrava normale vivere il Natale in Turchia
tra 70 milioni persone che non conoscevano il significato della festa.
“Turchia, il paese dove è sempre inverno ma mai Natale,” mia
madre amava dire, citando il libro Le
Cronache di Narnia, dove un paese intero vive sospeso in un inverno eterno.
Sebbene questa frase non si riferiva alla realtà Turca
(vivevamo estati bellissime in Turchia), descriveva bene il modo con cui noi
cristiani passavamo l’inverno in Turchia. Negli anni ’90, quando la mia
famiglia si è spostata là per lavoro, i cristiani erano circa 100.000, meno dell’1
% della popolazione. Per la maggior parte della cultura turca c’era l’inverno
(ovviamente con le proprie feste molto belle), ma non il Natale.
In quegli anni a Istanbul l’influenza della cultura
consumista occidentale iniziava a farsi sentire nella forma di addobbi
natalizi, senza però la presenza di Cristo. Luci rosse e verdi e uomini vestiti
da Babbo Natale spuntavano fuori da ogni centro commerciale. La gente iniziava
a comprare e decorare alberi di yılbaşı (capodanno). Per loro, la festa di Noel (Natale) e quella di capodanno
erano la stessa cosa.
In questa
atmosfera di un Natale “areligioso” il presepe montato sulla finestra del
nostro appartemento al quarto piano, aquistava un nuovo significato, quello
della testimonianza.
In modo molto più
ampio, la Basilica di Sant’Antonio, posizionata lungo la strada pedonale
principale della città di Istanbul rimane una delle poche testimonianze visibili
del vero significato del Natale. Prendendo ispirazione dal loro fondatore San Francesco
che attuò il primo presepe vivente nell’anno 1223 a Greccio, i frati francescani
conventuali che vivono a Sant’Antonio hanno costruito presepi sempre più grandi
negli ultimi anni. Gli addobbi natalizi hanno catturato l’attenzione dei
giornali nazionali che hanno riportato articoli e foto delle decorazioni.
L’attenzione dei media
fa sì che ogni anno la veglia di Natale è strapiena. Vengono non solo pellegrini
di passaggio e i fedeli delle piccole comunità cristiane africane, filippine, italiane
e turche che vivono a Istanbul, ma anche centinaia di ospiti musulmani,
compresi giornalisti, personaggi famosi ed anche gente semplice, curiosa di
vedere come i cristiani festeggiano. La liturgia viene celebrata in inglese,
turco ed italiano con un coro di filipini che anima il canto. Alla fine della Messa
si porta in processione il bambino Gesù alla mangiatoia nel presepio. Seguono
poi balli e canti della comunità africana.
Credo che l’inverno
senza Natale regala a noi cristiani in Turchia una consapevolezza particolare, cioè
quella di partecipare al mistero dell’incarnazione, festeggiando la nascita di
Dio come bambino in un paese che non lo conosce. In questo modo diamo carne alla verità che Dio
è diventato uomo.
Infondo questa è
la realtà che vive ogni Cristiano, in qualsiasi paese che si trovi. Abbiamo la
possibilità di incarnare Cristo nelle nostre feste questo Natale. Riportiamo il
Natale dentro l’inverno!
Nessun commento:
Posta un commento