giovedì 22 dicembre 2011

Natale con altri occhi... un'esperienza francescana dalla turchia


Da piccolo mi sembrava normale vivere il Natale in Turchia tra 70 milioni persone che non conoscevano il significato della festa.
“Turchia, il paese dove è sempre inverno ma mai Natale,” mia madre amava dire, citando il libro Le Cronache di Narnia, dove un paese intero vive sospeso in un inverno eterno.
Sebbene questa frase non si riferiva alla realtà Turca (vivevamo estati bellissime in Turchia), descriveva bene il modo con cui noi cristiani passavamo l’inverno in Turchia. Negli anni ’90, quando la mia famiglia si è spostata là per lavoro, i cristiani erano circa 100.000, meno dell’1 % della popolazione. Per la maggior parte della cultura turca c’era l’inverno (ovviamente con le proprie feste molto belle), ma non il Natale.
In quegli anni a Istanbul l’influenza della cultura consumista occidentale iniziava a farsi sentire nella forma di addobbi natalizi, senza però la presenza di Cristo. Luci rosse e verdi e uomini vestiti da Babbo Natale spuntavano fuori da ogni centro commerciale. La gente iniziava a comprare e decorare alberi di yılbaşı (capodanno). Per loro, la festa di Noel (Natale) e quella di capodanno erano la stessa cosa.
In questa atmosfera di un Natale “areligioso” il presepe montato sulla finestra del nostro appartemento al quarto piano, aquistava un nuovo significato, quello della testimonianza.
In modo molto più ampio, la Basilica di Sant’Antonio, posizionata lungo la strada pedonale principale della città di Istanbul rimane una delle poche testimonianze visibili del vero significato del Natale. Prendendo ispirazione dal loro fondatore San Francesco che attuò il primo presepe vivente nell’anno 1223 a Greccio, i frati francescani conventuali che vivono a Sant’Antonio hanno costruito presepi sempre più grandi negli ultimi anni. Gli addobbi natalizi hanno catturato l’attenzione dei giornali nazionali che hanno riportato articoli e foto delle decorazioni.
L’attenzione dei media fa sì che ogni anno la veglia di Natale è strapiena. Vengono non solo pellegrini di passaggio e i fedeli delle piccole comunità cristiane africane, filippine, italiane e turche che vivono a Istanbul, ma anche centinaia di ospiti musulmani, compresi giornalisti, personaggi famosi ed anche gente semplice, curiosa di vedere come i cristiani festeggiano. La liturgia viene celebrata in inglese, turco ed italiano con un coro di filipini che anima il canto. Alla fine della Messa si porta in processione il bambino Gesù alla mangiatoia nel presepio. Seguono poi balli e canti della comunità africana.
Credo che l’inverno senza Natale regala a noi cristiani in Turchia una consapevolezza particolare, cioè quella di partecipare al mistero dell’incarnazione, festeggiando la nascita di Dio come bambino in un paese che non lo conosce.  In questo modo diamo carne alla verità che Dio è diventato uomo.
Infondo questa è la realtà che vive ogni Cristiano, in qualsiasi paese che si trovi. Abbiamo la possibilità di incarnare Cristo nelle nostre feste questo Natale. Riportiamo il Natale dentro l’inverno!

martedì 20 dicembre 2011

Dinanzi al Presepe, si accende la luce della chiamata.



Negli scritti di Francesco, riguardo al Natale di Gesù, si trovano espressioni che denota tutto il suo coinvolgimento personale, che esprime così:

Ecco ogni giorno Egli si umilia come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine, ogni giorno egli viene a noi in apparenza umile.(Ammonizioni 1)

In quel giorno il Signore ha mandato la sua misericordia, nella notte si è udito il suo cantico… Rallegriamoci ed esultiamo, poiché il santissimo bambino diletto ci è stato donato e per noi è nato, lungo la via e deposto in una mangiatoia, perché non c’era posto nell’albergo.             ( Ufficio della Natività).


Si nota come quando Francesco, pensava al Mistero del Natale, comprendeva di trovarsi dinanzi al Mistero per eccellenza dell’Incarnazione e di esso ne comprendeva tutta la sua grandezza e misteriosità lasciandosi avvolgere ed interrogare da esso. Direi meglio lasciandosi chiamare da esso.
Nell'umiltà del Bambino divino che nasce nella povera mangiatoia avvertiva la propria vocazione ed a tale umiltà si è conformato così in pieno che, una leggenda, lo vuole far nascere nelle stesse condizioni di Cristo, in una stalla. Tale umiltà lui, l’ha fatta diventare il modello della sua chiamata a seguire Cristo povero e Crocifisso che già, al suo nascere, si presenta come colui che “discende” nel seno della Vergine.
Di questa discesa umile Francesco rimane talmente affascinato che diventa il suo stile e progetto di vita, una povertà non in quanto tale ma come condizione più simile a quella di Cristo.
Francesco compie il primo passo della sua chiamata rispondendo al “Seguimi”, di Gesù come fece Filippo e prima di lui Andrea, Simon Pietro e poi Natanaele e tutti gli altri dove prima del primo passo sono stati colpiti dallo sguardo partito dal cuore innamorato del Maestro.
Lo sguardo su Francesco si è posato durante la sua vita quotidiana, accorgendosi di Cristo che passava nella via della sua vita scendendo fino a lui e guardandolo nell’intimo del suo cuore.
Francesco capisce che non può più fare a meno di Cristo, ritrovandosi il cuore gonfio d’Amore che lo spingerà a lasciare tutto.
Potremmo definire la chiamata degli apostoli, di Francesco, la nostra stessa chiamata  una “chiamata natalizia”, perché ad ognuno lo sguardo di Cristo disceso fino a noi, ha acceso una luce, molto più forte delle tanti che accendiamo per gioire di questa festa le quali ci rimandano ad essa, Cristo che nasce nella miseria delle nostre vite, rendendoci  sede regale come rese la grotta di Betlemme, la più umile delle città.
Nella miseria della sua vita perciò Francesco non ha trovato i propri fallimenti, dolori, delusioni ma ha trovato il Messia come l’apostolo Andrea è corso a dire al fratello Simone, come il contadino che trova il suo tesoro, come il giovane che trova il suo amore, come il cercatore che trova la meta, oserei dire come ognuno cerchiamo la nostra vocazione, il senso per la nostra vita e trovato scopriamo come l’Amore di Dio ci inchioda con la sua seduzione facendoci divenire discepoli di questo Amore, discepoli di questa fiamma che arde, annunciatori umili della sua umiltà sublime come i pastori corsero ad annunziare ciò che avevano visto di meraviglioso nell’umiltà del presepe.
Francesco sceglie di lasciarsi amare dalla misericordia di Cristo umile incamminandosi in questo cammino di umiltà che lo porterà a trovare il Bambino che “nasce lungo la via”. Questa definizione che si trova in Francesco pone l’accento sull’assenza di dimora di Cristo e come lui Francesco sceglie di vivere con lui lungo questa via della vita, sceglie di lasciarsi amare lungo le vie insicure del mondo con la sola sicurezza dell’Amore di Cristo che mai gli sarà portato via, uno sguardo che continuerà ad essere intenso quanto più intenso sarà lo sguardo del chiamato che risponde ad esso.
Nella visione del presepe di Francesco, vediamo accendersi la luce di Cristo che chiama, come i pastori, come i magi, come gli apostoli, come Francesco, anche noi a lasciarci guardare, a lasciarci amare, a progettare la nostra vita sulla continua accensione di questa lampada con il nostro assenso incondizionato e fiducioso al suo Amore, partendo anche noi senza indugio.

Fr. Rocco Predoti

sabato 17 dicembre 2011

Verso il Natale... lo stupore di Francesco


Ormai, pochi giorni ci separano dall’evento del Natale, vogliamo avvicinarci a tale mistero con l’animo simile a quello di Francesco.
Un animo pervaso dallo Stupore, generato dall’incontro con la realtà dell’Incarnazione, del Dio fatto  carne in un bambino.  Un evento passato alla storia come l’invenzione del Presepe, ma l’intento di Francesco non era quello di proporre un rito che, fino ad oggi affascina e ci avvicina alla nascita di Gesù, semmai quello di vedere con i propri occhi le condizioni di indigenza nelle quali si degnò di Nascere l’Altissimo, infatti al suo compagno giunto a Greccio così disse:  vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello".
Francesco aveva bisogno di vedre con i propri occhi, bisogno di fare esperienza di Cristo, esperienza con il proprio corpo, voleva gustare in pieno del mistero dell’Incarnazione, non voleva sciuparlo, voleva imprimerlo nella mente.
A, noi, l’occasione di gustare nel mistero del Natale l’incarnazione che viene rivissuta nel Natale, per ricordarci che Cristo è venuto ad abitare con noi, ma soprattutto in noi, nei nostri gesti. Accorgiamoci di chi sta accanto a noi, di colui che passa per la nostra vita, di colui che ci ricorda quel bambino a Betlemme bisognoso di un sorriso, una carezza, un’attenzione. Riscopriamoci chiamati alla realizzazione più grande dell’uomo, alla santità, osando tendere al ritorno pieno del nostro essere uomini e donne, al nostro essere persone amanti. Riscopriamo l’Amore in questo Natale, perché per Amore Dio si fece uomo, perché per Amore noi diventeremo pienamente uomini e donne.
Amiamo senza stancarci, amiamo senza arrenderci, amiamo perché è Natale, amiamo perché siamo amanti.
Buona preparazione al Natale…
                                                                       Fr. Rocco Predoti

mercoledì 14 dicembre 2011

Proposta Vocazionale... con Francesco per il mondo


Carissimi, è questo il programma per le nostre attività vocazionali  dei Frati Minori Conventuali della Custodia di Calabria, un'opportunità per conoscere meglio S. Francesco e per poter vivere un'esperienza a stretto contatto con i Frati Francescani.
Un'occasione per poter riflettere sulla chiamata all'Amore della propria vita nelle singole dimensioni della vita consacrata e della vita matrimoniale e per scoprire nella propria vita la bellezza della Vocazione Cristiana così come Frate Francesco l'ha insegnata ai suoi frati ed a quanti lo hanno conosciuto.

Cos'altro dirvi???  Che siete invitati e noi frati altro non possiamo fare che attendervi e condividere con voi il nostro tempo, il nostro ascolto e la nostra vita.
Chiamati ad essere fraternità, chiamati ad essere inviati ad ogni uomo ed ogni donna, chiamati ad essere frati di Francesco, fratelli di ogni persona nella grande famiglia dei Figli di Dio.
Un abbraccio ad ognuno di voi, augurandovi una buona preparazione al Natale piena di gioia a voi ed ai vostri sogni.....

sabato 10 dicembre 2011

Verso Il Natale, con gli occhi di Francesco


Dalle Pagine della Biografia di S. Francesco scritta da Tommaso da Celano, leggiamo cosa Francesco desiderava nel realizzare il primo presepe, quale Amore lo ha spinto a concretizzare in quell'atto le sue aspirazioni...

La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l'impegno, con tutto lo slancio dell'anima e del cuore
la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo

Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l'umiltà dell'Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.


A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore.

C'era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carn

e. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: "Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il

Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello". Appena l'ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l'occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo

E giunge il giorno della letizia, il tempo dell'esultanza! Per l'occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s'accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fin

e Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l'asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l'umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.

Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponen

ti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.

Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l'Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.

Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù infervorato di amore

celeste lo chiamava "il Bambino di Betlemme", e quel nome "Betlemme" lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva "Bambino di Betlemme" o "Gesù", passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole.

Vi si manifestano con abbondanza i doni dell'Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l'avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia.

. Il fieno che era stato collocato nella mangiatoia fu conservato, perché per mezzo di esso il Signore guarisse nella sua misericordia giumenti e altri animali. E davvero è avvenuto che in quella regione, giumenti e altri animali, colpiti da diverse malattie, mangiando di quel fieno furono da esse liberati. Anzi, anche alcune donne


che, durante un parto faticoso e doloroso, si posero addosso un poco di quel fieno, hanno felicemente partorito. Alla stessa maniera numerosi uomini e donne hanno ritrovato la salute

Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra il presepio è stato costruito un altare e dedicata una chiesa ad onore di san Francesco, affinché là dove un tempo gli animali hanno mangiato il fieno, ora gli uomini possano mangiare, come nutrimento dell'anima e santificazione del corpo, la carne dell'Agnello immacolato e incontaminato, Gesù Cristo nostro Signore, che con

amore infinito ha donato se stesso per noi. Egli con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna eternamente glorificato nei secoli dei secoli. Amen.

mercoledì 7 dicembre 2011

Il Magnificat, risposta vocazionale


Carissimi,
stiamo vivendo la vigilia della Solennità dell’Immacolata Concezione, Solennità tanto cara a noi Frati Minori Conventuali, innanzi tutto per l’infinito Amore con cui S. Francesco circondava la Madre di Dio ed anche perché alla scuola dell’Immacolata si son formati i più grandi Santi del Nostro Ordine: da S. Antonio di Padova, S. Bonaventura da Bagnoregio, Beato Duns Scoto, S. Giuseppe da Copertino che dinanzi alla statua dell’Immacolata che tuttora si venera nella Basilica S. Francesco in Assisi ebbe un’estasi presente l' ammiraglio di Castiglia, S. Francesco Antonio Fasani che si definiva spesso come “ Il peccatore dell’Immacolata”, il Beato Bonaventura da Potenza che dell’esempio obbediente di Maria ne fece il punto saldo della sua consacrazione religiosa, terminando con San Massimiliano Kolbe, apostolo dell’Immacolata che ha saputo vedere in lei il faro che poteva rischiarare con la luce di Cristo le tristi tenebre dell’idealismo nelle quali l’Europa era avvolta nei primi anni del 1900, epoca in cui Massimiliano visse e la sua morte nel Campo di Auschwitz fu l’apice di questa scuola dell’Immacolata essendosi offerto di morire al posto di un padre di famiglia.
Questa schiera di santi che non si limita ad essi ma a quanti hanno vissuto la propria consacrazione nella prospettiva del si di Maria, testimoniano la ricchezza del Magnificat di Maria, magnificando con la loro vita l’operato della Parola di Dio nella loro vita.
E’ interessante notare come la parola “ Magnifica”, apra il canto che segue la risposta alla proposta vocazionale dell’Angelo; dopo, l’Eccomi, innanzi ad Elisabetta canta il suo Magnificat.
Vediamolo come un continuo della risposta all’Angelo, una presa di coscienza di ciò che comporta l’adesione al progetto di Dio.
Maria canta il suo magnificat, comprende che al piccolo “SI”, corrisponde la grandezza delle cose che il Signore compie in lei, una grandezza operata a motivo della promessa che Dio fa a Lei, rendendola partecipe del suo Progetto, Maria aderendo all’infinito Progetto di Dio, non ne diventa una piccola operaia ma diviene parte integrante di tale immensità.
Comprendiamo come, innanzi alla Meraviglia che tale constatazione comporta, l’unica reazione possibile è un’ancor maggiore apertura innanzi al Mistero, rimettendo nelle mani di Dio la grandiosità di quanto ha operato in Lei, dimostrando come la Piccola Vergine di Nazareth, diventi così di una grandezza così infinita tale da poter contenere l’attuazione del Progetto Divino, ossia il Figlio di Dio, l’Incarnazione del Verbo.
La risposta alla proposta di una chiamata divina, non può non comportare la grandezza, la quale deve far allontanare ogni paura, paura necessaria per poter comprendere sempre più la grandezza delle promesse di Dio, mettendo innanzi alla sua grandezza la nostra piccolezza.
Perdonate il gioco di parole circa il termine “Grandezza”, ma esso è voluto, perché è lo stesso termine Magnificare (da Magnum Faciere - rendere grande) che rende d’obbligo il rimarcare la grandezza di Dio connessa alla grandezza delle sue Parole, Parole che sono allo stesso tempo azioni che compie in noi, nella nostra storia.
Ecco che la chiamata vocazionale non ha solamente l’aspetto di un intimo dialogo tra Dio e noi, ma esso, una volta data la risposta diventa realizzazione di una promessa dalla portata universale.
Dio parla e parla nella grandezza delle nostre azioni, e noi perciò lo Magnifichiamo.
E tu magnifichi il Signore? Per cosa?
Forse si può rispondere limitandosi a dire che non si ha una chiamata vocazionale, ma è pur vero che si ha una chiamata alla santità, che vuol dire aprirsi alla novità quotidiana di Dio. Questo ci comporta ancor di più il Magnificare il Signore, perché innanzi tutto ci ha amati e ci ha resi capaci di amare, un Amore che non si limita ad un affetto che va e viene ma che ci fa essere tutto per l’altro, ci fa piangere, soffrire e gioire tutto per l’Amore, quale cosa grande vi è più dell’Amore, esso fa dare senso alle nostre azioni, fa vivere i singoli giorni, fa continuare la lunga poesia della Vita.
Quale motivo abbiamo in più se non l’Amore per poter magnificare il Signore che spesso non ci accontenta dimostrando di non essere simile al genio della lampada, ma ci fa essere Homo Amantis permettendoci, nell’epoca tecnologica di riscoprire la vera dimensione antropologica dell’uomo creato dall’Amore e creato per Amare.
E’ vero che spesso, e troppe volte, la realtà non ci mette nella condizione di magnificare ma anzi, si leva il grido di chi è allo stremo, di chi ha esaurito le risorse della speranza, di chi non sopporta più la situazione di dolore e solitudine nella quale si trova, di chi non ha risposta ai tanti tristi perché della vita.
Possiamo pensare quindi che il Magnificare Dio sia una sfida, ovvero riconoscendo la sua azione che passa per le piccole cose, per i piccoli gesti, per le piccole attenzioni di qualcun altro che magari non cambieranno la nostra vita ma cambieranno la nostra esistenza riportandoci sulla dimensione dell’uomo Amante.
Francesco d’Assisi, il cantore di Maria, ha fatto vedere come si possa Magnificare il Signore anche dal nulla ma avvolti dalle tante cosa che Dio ci mette a disposizione per farci intuire che lui c’è.
Un tramonto, un volo di farfalla, un canto d’uccelli, un fiore d’inverno per Francesco erano motivo di magnificenza, che neppure le sofferenza gli hanno permesso di sopprimere.
Giunge in aiuto la Testimonianza di Massimiliano Kolbe, che, a quanto detto dai testimoni, nel Bunker della Fame, ha saputo continuare a magnificare e lodare Dio.
Forse era matto per lodare Dio in mezzo alla più buia delle realtà che la storia abbia conosciuto? A voi, lascio questa provocazione……. Buona Solennità dell’Immacolata…
                                                                                                          fr. Rocco Predoti