Incontrare Caravaggio, entrare in
un mondo pieno di insidie, addentrarsi dentro il labirinto della realtà
profondamente umana del cristianesimo.
Il gesto di Cristo è irruento,
spezza il ritmo consueto del tavolo di scambio, quella punta di dito fende l’ambiente
buio dove losche attività si stavano pensando. Un gesto deciso, quello di Gesù,
che non indugia, non ci ripensa ma è deciso a puntare verso Matteo. Un dito
puntato contro la più vacua tra le indifferenze. Un dito puntato tra il buio
all’inettitudine del solo egoismo. Un dito che punta al pubblicano, esattore
delle imposte, al suo tavolo che sta tranquillo con i suoi collaboratori. Tra
essi due ragazzotti che stanno lì armati in attesa di trovare una novità nel
loro fanfalonare. Non aiutano Matteo a lavorare ma per cercare di trarne un
guadagno, magari giocando a carte. Un tavolo di scambio o di gioco?
Cristo fa entrare in questo spazio
una luce che proviene da una vita estranea alla vita del tavolo da gioco.
Un luogo che è un “non luogo”, può
essere la vita di ognuno di noi, sia esso una strada od un luogo chiuso.
Laddove tu sei Cristo entra e ti coglie nell’atteggiamento con quale tu stai
reagendo. Indichi te, indichi un altro. Ci si chiede: “ma proprio a me?” come l’uomo
barbuto del quadro. Oppure si rimane distrattamente concentrato sul proprio
interesse come l’uomo con gli occhiali. Chiunque tu sia dei personaggi del buio
tavolo, Cristo sceglie proprio te, come fa un impresario con i propri operai. “Sei
proprio tu a servirmi per questo lavoro”. Come un mandante di un losco affare
comune ai bassifondi romani dei luoghi caravaggeschi, Cristo si serve proprio
dalla più bassa umanità per realizzare il suo progetto. Gesù assume proprio te
nella sua Chiesa a seguirlo….
fr. Rocco Predoti
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