lunedì 8 luglio 2013

Vocazione, come Francesco fidarsi di Dio

Non mi aggiungo ai fiumi di parole che in questi mesi passano sotto i nostri occhi sulla reazione alla proposta evangelica che Papa Francesco riporta dinanzi agli occhi del mondo.
Ma faccio un sorriso soddisfatto quando questo uomo si rivolge a noi, donne e uomini chiamati a seguire Cristo, e non c’è volta che non tocca qualcosa che a tanti di noi può far male.
E’ bello sentir parlare di coraggio evangelico con il coraggio evangelico; è bello sentir parlare di vocazione da chi incarna un vivere autenticamente la vocazione ed il mondo reagisce, applaude e ascolta lontano da populismi perché il mondo ha sete di autenticità, né di mezze parole o mezze misure, sete di uomini che incarnino la Parola, quella di Dio.
Mi domando perché si chiede autenticità a noi chiamati, perché il semplice indossare un abito o snocciolare pie litanie o l’ostentare una formale perfezione nell’esecuzione dei gesti sacri getti una brutta ombra sull’essere cristiano e si pone un tampone al compimento della Parola di Dio.
Non so dare risposte eccetto che per me stesso ma credo che il tutto debba essere cercato in quella scintilla che scoppia in noi generando il big-bang della sequela quando si dice “si” alla proposta di Cristo di seguirlo.
La vocazione è andare incontro all’amore, più si ama e più c’è slancio; più si va avanti e più si ama. Non si può partire con un bagaglio di “se – ma – forse – però – fino a quando….”, Cristo non ci chiama per avere un abito religioso o per avere una sicurezza, Cristo non ci chiama per fare un mestiere o una pia recita a lungo termine.
Cristo ci vuole uomini, non del breve termine, ma per sempre. Noi cadiamo e lui ci rialza, noi cadiamo e ci rialza, un dinamismo che si prolunga fino alla morte ma ci vuole per sempre.
Non un’esperienza religiosa ma vita cristiana, vita dove si avverta la stanchezza, la delusione, la sfiducia ed in ciò gli apostoli del sabato santo sono maestri compreso Francesco che arranca sulle cime della Verna al colmo della delusione. Vita cristiana, vita di sequela con la nostra umanità, e uomini coraggiosi nel quotidiano chiede Cristo, uomini dell’oggi e non spauracchi che rannicchiati negli angolini rimurginano passati rimorsi e future paure. Uomini che, come dalle vetrate istoriate di storia della salvezza nell’aula della Basilica di Assisi, siano illuminati dalla luce che la storia sa dare sul proprio cammino.
Vocazione confidare nell’azione che Dio compie in ognuno di noi, nelle grandi cose che fa con le piccole cose che noi promettiamo.
Il popolo di Dio comprende queste cose, noi spesso annacquiamo e le dimentichiamo. Ma lo Spirito ha soffiato ed ora c’è un nuovo uomo che offre la sua spalla per sorreggere la Chiesa, la forza di Pietro con l’esempio di Francesco. Il mondo ne è contento, la Chiesa gioisce, perciò apriamo con coraggio il nostro cuore alla voce di Cristo: “Vieni e seguimi”.



fr. Rocco Predoti

lunedì 13 maggio 2013

Festival della Canzone Francescana... l' in-canto nella Preghiera


Dalle stoffe alle pietre



Leggendo il libro di Elvio Lunghi “Le pietre di Francesco”, venivo spinto a riflettere su un primo spostamento dell’oggetto d’interesse del giovane Francesco.
Se ,per soddisfare la cura di se stesso ricercava stoffe pregiate e colorate, per soddisfare l’invito di Cristo ricerca poi, nella valle assisana, le pietre.
Mi viene da pensare alla diversa consistenza tra le due categorie di oggetti: stoffe e pietre; stoffe per il proprio corpo sostituite da pietre per la Chiesa di Cristo.
Questo cambiamento di consistenza nell’oggetto di ricerca si ripercuote nell’esistenza di Francesco; dal vivere leggero, soffice e colorato all’esistenza dura, forte, massiccia e consistente.
Un passaggio per nulla semplice ma che ha il sapore della decisione di chi è stato affascinato e sedotto dall’Amore di Cristo.
Francesco ben comprende che la risposta a questa chiamata è “stringersi a Cristo pietra viva”(1 Pt 2,4)  per diventare pietre vive destinate alla costruzione dell’edificio spirituale quale è la Chiesa.
Francesco ripara la Chiesa non più acquistando pietre ma rendendosi lui pietra viva, pietra dinamica disposta a lasciarsi lavorare, abbellire, decorare per rendere bello il Corpo ecclesiale di Cristo.
Dalla stoffa alla pietra è la risposta a Cristo che chiama, è la prima risposta vocazionale, il primo segno di concretezza alla chiamata che entra nella vita.
Lasciare la ricerca di comodità, abbellimenti, cose leggere per una vita più solida, che poggia i piedi sulla pietra che è Cristo e diventare noi stessi pietra.
Cristo chiama uomini e li plasma per renderli più uomini, per renderli pietre sulle quali poggiare la sua Chiesa.
Il mondo, è stanco di uomini delicati e leggeri, attende questi uomini roccia, questo esercito di pietre con un cuore di carne, sui quali poter poggiare la loro fiducia, dei quali essere sicuri che siamo un riflesso dell’Amore amorevole di Dio.
Rispondere alla chiamata si può, anzi si deve…. Una storia di amore tra Dio e l’umanità.
Francesco l’aveva capito scrivendo: “Il Signore mi diede…. “
fr. Rocco Predoti

venerdì 29 marzo 2013

Vocazione: cammino in compagnia


“Andate e portate a tutti l’annuncio del Cristo Risorto! Alleluja!”


Questo invito è dato dal celebrante alla fine della celebrazione pasquale, quando il cammino quaresimale è terminato dinanzi alla tomba vuota, quando lo stupore dell’annuncio esplode all’incontro con il Risorto.
Qui inizia il cammino, ma diverso, si cambia direzione come i discepoli di Emmaus; se la quaresima ci ha fatto vagare nel deserto, ora si torna a casa ma con il cuore cambiato, con occhi nuovi che sanno vedere il Risorto, uno sguardo trasfigurato che fa vedere la bellezza in un volto sfigurato, la speranza nel buio della sofferenza.
È nel deserto che Dio ci porta per amarci, è il luogo dove Dio si apparta con il cuore dell’uomo, è il luogo del silenzio dove si parla con i sussurri, si parla il linguaggio degli amanti.
La storia della salvezza passa per il deserto ma non è la sede stabilita, la meta è sempre la terra promessa, la speranza deve sempre portare all’amore.
Non c’è storia vocazionale che non sperimenti il deserto grande e spaventoso, così lo descrive l’autore del deuteronomio al capitolo 8. Vi abitano le bestie della solitudine, dello sconforto, della paura, dell’insicurezza; si diventa fragili, paurosi, come Elia si perde anche la speranza (1 Re 19, 3-5) ma quando tutto sembra inconcludente, vano, insensato, terminato, Dio offre quel minimo di forza perché si attraversi il deserto.
La vocazione si svela cosi progetto di d’amore ma di Dio al quale il chiamato offre la propria disponibilità, ma che guida è Dio e quando l’uomo si appropria del progetto di Dio i risultati sono non diversi da quelli del re Saul, vittima dei suoi stessi capricci.
Ma Dio non abbandona il proprio chiamato, colui sul quale ha posto il suo sguardo, si rivela a lui come amore nell’amore, ama e si fa amare, lo conduce sulla terra promessa.
Si fa compagno di cammino e si rivela nel più grande atto d’amore: lo spezzare il pane, il dono di se stesso.
Un dono che si apre nel momento in cui il discepolo va fuori e cammina, cammina e annuncia.
Da quella tavola di Emmaus è iniziato un movimento che tuttora continua, ogni volta che si annuncia quell’incontro si fa parte di quel movimento quando l’amore si è rivelato frutto della speranza.
Pellegrini e forestieri” voleva frate Francesco i suoi frati, così lo siamo realmente.
Compagni di cammino di tanti. Quanti si accostano durante il cammino, la strada diventa un bene comune per due, tratti in cui si condivide di tutto, ci si ripara insieme dai pericoli, dalle intemperie, le stesse attese e stesse confidenze, si diventa custodi di quel compagno; un corpo solo che cammina in due persone.
Si attua la promessa fatta al momento di partire: “chi avrà lasciato… riceverà cento volte tanto in questa vita”… si lasciano amici e se incontrano di nuovi, si lasciano case e fratelli e tante sono le case dove si viene accolti.
Ma il cammino ha una direzione, le mete sono diverse, il bivio che porta in direzioni diverse, le direzioni della vita, un cammino che non si impoverisce ma si arricchisce, diventa doppio, un annuncio di Pasqua che si moltiplica. Non si cammina più insieme ma c’è la gioia che ognuno percorre la strada della propria vita.
Uomini con le scarpe consumate, questi i frati che voleva Francesco, disposti ad accogliere e farsi accogliere, lasciare e farsi lasciare. Viandanti per il Risorto e non contemplatori di una tomba vuota lasciando che i perché fermentino in dubbi dalle risposte negative.
Il frate, disposto ad abbracciare e farsi abbracciare lungo il cammino, capace di sguardo intimo con chiunque condivida il cammino, ma uno sguardo sempre gettato in avanti, sul futuro. Uomini di speranza e non di rimpianti. Uomini di sguardo amorevole e non di critica, uomini semplici e non complicati. Uomini e non finti angeli, fragili ma forti, deboli ma fedeli. Uomini che andando, in questo mondo dalla speranza quotidianamente rubata annuncino con la propria carne: Cristo è Risorto… Abbiate speranza !!!
fr. Rocco Predoti