sabato 10 febbraio 2018

Se non abbracci... non credi!

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Se non abbracci... non credi. Non esiste vocazione, non esiste sequela di Cristo, non esiste atto di fede senza esser disposto a farti "infettare" dalla vita dell'altro. Certo, l'altro non piace quasi mai, non è mai attraente, fa sempre problema. Il lebbroso puzza, è malato, non può stare con gli altri, ormai non sa più stare con gli altri.
è un uomo solo, chiuso nella sua solitudine. La solitudine diventa l'unica compagna di viaggio e più c'è l'hai più lei vuole stare con te. La solitudine ti dà ragione, ti dà soddisfazione, ti rende bello ma ti lascia tremendamente solo.
Gesù si sporge oltre il limite del consueto, non vuole comprendere cosa abbia il lebbroso, non si mette ad inquadrare la vita di quell'uomo "solo" per tentare di capire quale fosse il suo problema. Gesù rompe il vetro della separazione, si lancia verso quella solitudine, tocca quello schifo che aveva quell'uomo. L'abbraccio lo guarisce, gli rompe la solitudine, lo tira fuori dal deserto che si era scavato attorno.
lasciamoci acchiappare dall'abbraccio di Gesù nonostante le schifezze che avvolgono la nostra vita, nonostante quell'errore così grande che ci tiene isolati, nonostante quella solitudine che ci porta lontani da tutti ed anche da Dio.
Solo se saremo capaci di abbracciare, di lasciarci coccolare dall'abbraccio dell'altro allora potremo portare agli altri la testimonianza di essere credenti. Essere frate non comporta portare un abito e ripetere abitudini sterili. Significa lasciarsi chiamare dall'abbraccio dell'altro, come l'abbraccio al lebbroso di Francesco. Questo abbraccio gli ha fatto gustare l'abbraccio che Cristo aveva riservato per lui. Ricordiamo che il mondo non ha bisogno di una tonaca ma ha bisogno di un abbraccio.
fr. Rocco Predoti ofm conv

domenica 4 febbraio 2018

Amico..prima che religioso

Religiosi - I Fratelli che bussano alla porta, padri francescani, cappuccini                        ...Esce dalla sinagoga e va in casa. Tra mura semplici dove l'affetto è l'unico rito e dove i riti servonoarafforzare gli affetti. Li nella casa Gesù si affida alla vita di quella famiglia, la famiglia di Pietro. Una famiglia segnata dal dolore, c'era un ammalata. Gesù non entra da santone, non è un punto di riferimento spirituale. Non porta un ruolo salutare oppure clericale. Gesù entra da amico. Lui è semplicemente un amico che entra in quella casa e da amico viene trattato. Non occorre rifugiarsi dietro l'ombra di un ruolo né tantomeno ripetere la propria funzione per poter essere riconosciuti. Gesù viene accolto per la relazione di amicizia tra sé e gli altri, amici prima che discepoli.
L'amicizia guarisce ogni sofferenza, allontana il male e la solitudine e per amicizia si serve con gioia. Accogliere l'altro in amicizia permette un servizio bello, leggero, come quello della suocera di Pietro.
Soffrire con un amico accanto allontana i fantasmi della solitudine, permette di alzarsi dal letto della disperazione, di compiere quel salto che il dolore ci viete tenendoci inchiodati.
Seguire Gesù equivale ad entrare nella casa degli altri, nel cuore di chi si incontra da amico prima che da frate nel suo ruolo, indossare il sorriso prima che una veste sacra, portare vicinanza prima che la borsetta con i "sacri attrezzi", aprirsi all'altro prima che chiudersi nel mantello dell'abito sacro.
Essere uomini dal cuore pacifico per portare la pace invitata da Frate Francesco: salutate dicendo "il Signore ti dia pace.


fr. Rocco Predoti  ofm conv