lunedì 17 settembre 2012

Diventare frate unito a Cristo: le stimmate di Frate Francesco


Era lì, Francesco, su quel monte lontano da tutto e da tutti, andato per incontrare se stesso e il suo Dio, l’Amore tanto forte e vivo che lo chiamava ed ora sembrava lontano ma lui sapeva che c’era, era vicino eppur silenzioso.
Su quel monte non ha tardato a farsi sentire, era uomo crocifisso, lo stesso presente a S. Damiano era ancora lì, ardente facendo andar il ricordo al roveto del Sinai, contagiò Francesco del suo ardere provocando in lui un’infinita gioia e dolore che partivano dal cuore e lo facevano dilatare.
Dei raggi dalle mani, dai piedi, dal costato del Crocifisso per poi diventare segni sulle mani, sui piedi e sul costato ma di Francesco, lui un nuovo Crocifisso assumendo di Cristo quell’identità che dal primo istante si era premesso e sforzato di seguire senza mezzi termini ne compromessi, lottando a mani nude con la burocrazia ecclesiastica appesantita dalle troppe logiche umane ma innamorato pur sempre dalla sposa nata dal costato di Cristo, la Chiesa.
Il costato di Francesco sanguina, tra tentativi di nasconderlo da parte sua e di scrutarlo da parte dei frati, un mistero che attende di essere svelato anche questo dinanzi al quale il dubbio, ragionevolmente,  stende le mani con le proprie richieste.
Ma coloro che vissero insieme a frate Francesco in quelle ferite hanno trovato una risposta per le loro domande, nella carne di Francesco il perché soprannaturale diventava certezza fisica, stava raggiungendo la meta promessa da Cristo in quelle parole di Vangelo che erano divenute il fondamento della Vita di Francesco e dei Frati Minori: “Se qualcuno vuole venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”.
Ed il miracolo di giovani che seguono Cristo sull’esempio del figlio del mercante assisano si ripete da otto secoli fino ad oggi, 14 giovani provenienti dall’Italia e dal resto dell’Europa davanti la Tomba del Poverello hanno indossato l’abito francescano iniziando così l’anno di Noviziato nella famiglia dei Frati Minori Conventuali.
Guardare negli occhi di questi giovani, rivedevo l’emozione mia di 2 anni fa, il dubbio del futuro sposato alla certezza della fiducia in Colui che chiama e porta la sua novità di vita in quella di tutti questi ragazzi.
Stanno osando questi giovani nel regalare la propria vita mettendola a disposizione di Cristo e della sua Chiesa, portano la loro freschezza giovanile mista ad entusiasmo cercando le risposte esistenziali nella proposta di vita offerta a loro da Frate Francesco.
Da parte di tutti noi una preghiera perché siano operai nuovi, perché spalanchino le finestre dell’Ordine e della Chiesa ad una maggiore azione dello Spirito, permettendogli di entrare “come un vento impetuoso” e posarsi su ogni uomo e donna realizzando l’anelito di Francesco di vedere unita a Dio tutta l’umanità.

fr. Rocco Predoti

giovedì 6 settembre 2012

Una proposta vocazionale dinanzi al fallimento.


Colgo subito l’immagine che il Vangelo di oggi (Lc 5, 1-11) mi dipinge innanzi agli occhi, l’immagine cruda ed esigente di attenzione di una folla che fa ressa attorno a Gesù con il suo vociare, il suo spingersi, il suo desiderio di trovare nello sconosciuto Nazareno colui che avrebbe risolto i problemi di ognuno.
Gesù non si lascia travolgere e guarda delle barche ormeggiate, chiara traccia del fallimento di pescatori avviliti che erano scesi dalle loro barche, avevano perso la speranza di vedere ricompensate le loro fatiche e lavavano le reti.
Un viso solcato dalla rassegnazione quello dei pescatori non diverso da quello di tanti uomini e donne che “scendono” dal proprio lavoro, delusi da tutto ciò che dava speranza e si è risolto con una manciata di fumo.
Fallimento, prima che degli assetti economici ed industriali, della persona umana che non ha il coraggio di guardare in faccia i propri figli avendo perso la certezza del futuro; la persona umana non può vivere senza futuro ma non può nemmeno basarsi soltanto sulla certezza economica.
Abbiamo bisogno di altro, abbiamo bisogno di puntare in alto, di affinare l’orecchio alla voce di chi chiama nel silenzio e si fa conoscere nell’incomprensibile, e Cristo chiama Pietro a salire sulla barca per poi manifestarsi con un gesto eclatante che lui è capace di ridare speranza nel cuore di un pescatore finito, la notte si pesca che doveva essere terminata si era appena aperta ma non terminava in una rete colma di pesci, Gesù calca la mano e va oltre: “sarai pescatore di uomini”.
Tocca a Pietro accettare il gioco, fidarsi di un invito misterioso e seguire il Maestro per continuare a riempirsi di stupore, così riporta la barca alla stessa sponda da cui l’aveva ripresa, però adesso ormeggia la barca con un cuore nuovo, con il desiderio di Cristo, con il passo volto verso l’ignoto e Pietro va dietro il Maestro.
Pescatori “attenti” di uomini oserei dire, noi che il Maestro ci ha chiamati e continua a chiamarci ogni giorno, attenti alle persone che siedono stanche e deluse a lavare le reti del ricordo di un lavoro, della possibilità di ricominciare una vita, di politici che navigano in acque lontane da quelle dei comuni mortali.
Ricordiamoci tutti della nostra chiamata “urgente” ad andare a pescare uomini quasi affondati, diamoci da fare per usare reti nuove per evitare il rischio che le vecchie reti quasi logorate lascino andare via tante persone che avrebbero il desiderio di essere pescate, di avere una parola di conforto in questo labirinto di proposte di felicità.
Lasciamoci chiamare, alleggeriamo il nostro cuore e la nostra mente a Cristo, lasciamolo operare tra le nostre vie con le nostre braccia, con le nostre gambe, con le nostre menti.
Lasciamo le nostre barche, il nostro tutto e seguiamolo sulla strada che porterà ad amare.

Fr. Rocco Predoti