IL FRATELLO DEL FIGLIOL PRODIGO SCRIVE UNA LETTERA
Ecco una lettura del Vangelo di domenica scorsa che spesso, noi dovremmo mettere in atto.
«Caro don Tonino, io non sono né marocchino né tossicodipendente, né sfrattato. Temo, perciò, di non aver udienza presso di te. Perché ho l’impressione che oggi, se non si appartiene a quel campionario di umanità che ha a che fare con la violenza, la prostituzione, la miseria economica e morale, non si è in possesso dei titoli giusti per entrare nel cuore di Dio. Ma è colpa mia se la casa io ce l’ho, e il lavoro anche? Debbo farmi uno scrupolo se non ho mai rubato, e in tribunale non ci sono entrato neppure come testimone? Mi debbo proprio affliggere se, grazie a Dio, non ho grossi problemi di salute né soffro la solitudine?
Quando ti sento parlare degli ultimi, e affermi che la chiesa, a imitazione di Gesù, deve esprimere un amore preferenziale verso coloro che sono precipitati nell’avvilimento del vizio e dell’alcool, io, che per giunta sono astemio, mi sento quasi un escluso, Ma è mai possibile, mi chiedo, che il Signore mi scarti solo perché non frequento le bettole e a sera mi ritiro a casa in orario? Debbo proprio ritenere una disgrazia il fatto che nella graduatoria, sia pure effimera, dell’estimazione pubblica, invece che gli ultimi posti, occupo posizioni di tutto rispetto? Ricco non sono, ma non mi manca il necessario per tirare avanti con una certa tranquillità. Non ho mai tradito mia moglie, I miei figli, che non sono né malati di Aids né disoccupati, mi danno tantissime soddisfazioni. Mi reputo fortunato. E sarei l’uomo più felice della terra se, da un po’ di tempo a questa parte, a seguito di certi discorsi che ascolto in chiesa, non mi fosse venuto il dubbio che senza un certificato di emarginazione, vistato magari dalle patrie galere, mi sarà difficile l’ingresso nel regno di Dio. Dimmi: ma un po’ d’acqua nel suo catino, Gesù Cristo non ce l’avrebbe anche per me?».
Carissimo,
I tuoi piedi Gesù li lava e li asciuga con identico amore. Anche perché, forse, tra gli alluci si nasconde una piccola macchia difficile a scomparire: la riluttanza a ricevere.
Dì la verità, non hai mai affermato pure tu, come Bartolomeo nel Vangelo: che cosa può venire di buono da Nazareth? Forse questo è il tuo peccato, piccolo quanto vuoi, ma che ti colloca tra gli ultimi, pure tu.
Ti sei esercitato solo a dare. A ricevere, no.
Da un drogato può mai venire qualcosa di buono? Da una prostituta? Da un avanzo di galera? Che cosa può darmi mai un marocchino, se non un pericolo di infezioni?
Forse questa è l’unica colpa che obbliga Gesù a inginocchiarsi dinanzi a te: non voler ammettere, sia pure per raffinate ragioni estetiche, che i poveri abbiano qualcosa da insegnarti in termini di crescita umana. Sicché gli emarginati sono quasi sempre lo spazio dove esercitare le virtù della generosità; ma solo nella direzione del dare e mai dell’avere.
Non abbiate paura, fratelli irreprensibili e buoni. Gesù Cristo si piega anche su di voi. Se non altro per dirvi che non serve a nulla svuotare la casa per gli infelici, se poi non sapete introdurvi qualcosa che essi possono offrirvi, sia pure un souvenir.
A me e a tutti voi, che apparteniamo alla confraternita dei galantuomini, conceda il Signore di capire che metterci sulla pelle la camicia dei poveri, vale più che lasciarci scorticare vivi per loro.
Come sa Bartolomeo, appunto.
Ecco una lettura del Vangelo di domenica scorsa che spesso, noi dovremmo mettere in atto.
«Caro don Tonino, io non sono né marocchino né tossicodipendente, né sfrattato. Temo, perciò, di non aver udienza presso di te. Perché ho l’impressione che oggi, se non si appartiene a quel campionario di umanità che ha a che fare con la violenza, la prostituzione, la miseria economica e morale, non si è in possesso dei titoli giusti per entrare nel cuore di Dio. Ma è colpa mia se la casa io ce l’ho, e il lavoro anche? Debbo farmi uno scrupolo se non ho mai rubato, e in tribunale non ci sono entrato neppure come testimone? Mi debbo proprio affliggere se, grazie a Dio, non ho grossi problemi di salute né soffro la solitudine?
Quando ti sento parlare degli ultimi, e affermi che la chiesa, a imitazione di Gesù, deve esprimere un amore preferenziale verso coloro che sono precipitati nell’avvilimento del vizio e dell’alcool, io, che per giunta sono astemio, mi sento quasi un escluso, Ma è mai possibile, mi chiedo, che il Signore mi scarti solo perché non frequento le bettole e a sera mi ritiro a casa in orario? Debbo proprio ritenere una disgrazia il fatto che nella graduatoria, sia pure effimera, dell’estimazione pubblica, invece che gli ultimi posti, occupo posizioni di tutto rispetto? Ricco non sono, ma non mi manca il necessario per tirare avanti con una certa tranquillità. Non ho mai tradito mia moglie, I miei figli, che non sono né malati di Aids né disoccupati, mi danno tantissime soddisfazioni. Mi reputo fortunato. E sarei l’uomo più felice della terra se, da un po’ di tempo a questa parte, a seguito di certi discorsi che ascolto in chiesa, non mi fosse venuto il dubbio che senza un certificato di emarginazione, vistato magari dalle patrie galere, mi sarà difficile l’ingresso nel regno di Dio. Dimmi: ma un po’ d’acqua nel suo catino, Gesù Cristo non ce l’avrebbe anche per me?».
Carissimo,
I tuoi piedi Gesù li lava e li asciuga con identico amore. Anche perché, forse, tra gli alluci si nasconde una piccola macchia difficile a scomparire: la riluttanza a ricevere.
Dì la verità, non hai mai affermato pure tu, come Bartolomeo nel Vangelo: che cosa può venire di buono da Nazareth? Forse questo è il tuo peccato, piccolo quanto vuoi, ma che ti colloca tra gli ultimi, pure tu.
Ti sei esercitato solo a dare. A ricevere, no.
Da un drogato può mai venire qualcosa di buono? Da una prostituta? Da un avanzo di galera? Che cosa può darmi mai un marocchino, se non un pericolo di infezioni?
Forse questa è l’unica colpa che obbliga Gesù a inginocchiarsi dinanzi a te: non voler ammettere, sia pure per raffinate ragioni estetiche, che i poveri abbiano qualcosa da insegnarti in termini di crescita umana. Sicché gli emarginati sono quasi sempre lo spazio dove esercitare le virtù della generosità; ma solo nella direzione del dare e mai dell’avere.
Non abbiate paura, fratelli irreprensibili e buoni. Gesù Cristo si piega anche su di voi. Se non altro per dirvi che non serve a nulla svuotare la casa per gli infelici, se poi non sapete introdurvi qualcosa che essi possono offrirvi, sia pure un souvenir.
A me e a tutti voi, che apparteniamo alla confraternita dei galantuomini, conceda il Signore di capire che metterci sulla pelle la camicia dei poveri, vale più che lasciarci scorticare vivi per loro.
Come sa Bartolomeo, appunto.
Don Tonino Bello, “Quaresima Pasqua”, Edizioni Messaggero Padova, 2007, pagg 49-53
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