mercoledì 12 agosto 2009



Amedeo Cencini, Qualcuno ti chiama, ed. Queriniana

Questa lettera è idealmente destinata ad Andrea, ma egli è ognuno di noi, è ogni giovane, in
particolare, destinatario - come Andrea - d'un dono e d'un impegno formidabili. Una lettera sulla
vocazione che riguarda ogni giovane anche di questa nostra cultura, che qualcuno definisce antivocazionale,
perché Dio non cessa di chiamare e la sua chiamata non è mai generica o astratta, ma
sempre personale, pensata su misura della vita del chiamato, e dunque in attesa di risposta.
Vocazione che è il sogno di Dio su ciascuno di noi, ciò che ci può dare la vera felicità, essa non è
lontano da noi ma ci è già stata donata… eppure così difficile da capire, ecco allora che l’autore
propone, attraverso il metodo diretto della lettera, alcune riflessioni e strumenti che possono essere
di aiuto in questa ricerca. Lo sconosciuto Andrea, destinatario di questa lucida e appassionata
lettera, racconta che c'è una vocazione per tutti, in ogni condizione di vita, a tutte le età. Anche se
non tutti si chiamiamo Andrea. Non è necessario capire proprio tutto quello che c’è scritto,
l’importante è lasciarsi tirar dentro come primi destinatari e provare a dare una risposta a questa
lettera.
Dio chiama. Lettera ad uno come noi
La vocazione è la scoperta del proprio volto, del progetto di vita, del nome che Dio ha dato a
ciascuno di noi, del ruolo affidato a ognuno da svolgere nella vita, ruolo pensato su misura, nome
assolutamente unico singolo irripetibile, e che non può copiato da nessuno e riguarda
indistintamente ogni essere umano. Per questo la vocazione segna il massimo livello
dell’affermazione della propria identità e la condizione della felicità d’ognuno di noi.
La vocazione è il pensiero provvidente del Creatore sulla singola creatura, è la sua ideaprogetto,
come un sogno che sta a cuore a Dio perché gli sta a cuore la creatura, ogni creatura. Dio,
quando ama, chiama; e ogni vivente, per il semplice fatto d'esistere, è 'chiamato' da Dio a essere
sua immagine in modo assolutamente originale, e a esprimere questa somiglianza attraverso il suo
modo d'essere, con una precisa scelta di valori, criteri decisionali, stile di vita, orientamento
professionale... Tutto è compreso nella chiamata di Dio.
Noi crediamo in questo Dio che si prende cura di noi, Andrea, in un Dio che quando ama,
chiama. E qual è, allora, il sogno del Dio (chi)amante su di te? Anzitutto che tu prenda sul serio
tutto ciò, che tu creda che Dio ti chiama e ti sta chiamando, senz'alcun dubbio, che tu pensi alla tua
vita e al tuo futuro in questa prospettiva, non come a un progetto solo (o apparentemente) tuo, o
pensato dentro categorie piccole e meschine (come, ad es., la categoria della prospettiva economica,
del benessere materiale, dell'appagamento affettivo, della scalata professionale, della
raccomandazione da cercare, della patacca da esibire ecc.), ma come risposta e accoglienza d'un
progetto che viene dall'alto, che nasce dall'amore dell'Eterno, dal suo sogno misterioso..., ma poi è
affidato a te, anzi è vicino a te e lo puoi trovare se impari a guardarti dentro e attorno con
attenzione.
Se Dio, quando ama, chiama, l'uomo, quando si lascia amare, risponde. Ecco il dialogo
vocazionale, tra la libertà di Dio e la tua libertà. Dio non ti costringe, Andrea, stai tranquillo, il suo
amore è 'debole', come ogni vero amore, non ti fa alcuna violenza, né t'impone alcuna prestazione di
ritorno, continua; ad amarti anche se tu gli volti le spalle, ti lascia libero, anzi, ti rende libero, libero
di rispondergli.
Ma se tu decidi di ascoltarlo e di accogliere la sua benevolenza, allora ti si spalanca davanti
un orizzonte incredibile, davvero da vertigini. Allora entri piano piano nel mondo dei sogni di Dio,
impari a sognare come lui, a desiderare i suoi stessi desideri. E allora un po' alla volta tu scopri la
tua vocazione, e scopri che essa allarga enormemente gli spazi della tua realizzazione; è davvero il
tuo nome, un nome nuovo, pensato e sognato da Dio giusto per te e la tua faccia. È la ; rivelazione
del tuo mistero. A partire da quel momento tu sai che sarai felice solo se realizzerai quel disegno e
sarai fedele a quel nome.
Ma scoprirai anche che quella felicità è pienamente umana e pienamente divina, è
sconosciuta a tanti giovani eppure ti fa esser per sempre giovane, è gioia intima e pacata, ma ti fa
compiere cose impossibili o che tali pensavi fino allora. Hai presente la storia dei dodici chiamati da
Gesù, di professione pescatori, timidi e impacciati, e per vocazione apostoli, coraggiosi e
intraprendenti al punto di disobbedire all'autorità costituita (quando si pone in contrasto con quella
chiamata) e fregarsene delle minacce dei potenti? Ma è la storia di tutti i chiamati, dai profeti a
Maria, dai martiri della Chiesa primitiva a quelli di oggi, più o meno famosi. Se mi permetti, e con
la faccia tosta che mi ritrovo, ti posso confessare che - ovviamente nel mio piccolo - è anche la
storia mia. La vocazione è sempre anche trasformazione; è sogno capace di trasformare la realtà.
Questo per dire che la vocazione non si misura sulle proprie qualità, non è l'esatta fotocopia di quel
che uno sa fare, non viene scelta a partire dalle proprie doti e talenti e dagli esami atti-tudinali che li
misurano; Dio chiama in base al suo progetto e per realizzare un disegno che è sempre,
regolarmente, al di là di quel che l'esse-,re umano sa fare o in cui è sicuro di riuscire. 'Dio chiede
sempre il massimo e anche oltre, se possibile... E dunque nessuno può tirar fuori la scusa che... non
è capace, non se la sente, o che è troppo impegnativo, non ha la competenza adeguata, o che gli fa
paura, non è secondo i suoi gusti ecc. Neanche tu, Andrea, puoi tirar fuori queste scusanti dinanzi
alla proposta che viene dall'Eterno. Anzi, se senti dentro di te che il progetto ti supera e ti
spaventa..., buon segno, vuoi dire che - quanto meno - non viene da te e dalla tua emotività paurosa,
potrebbe essere segnale che viene dall'alto.
Paradossalmente, meglio la paura di non farcela o la coscienza della propria povertà dinanzi
a un ideale che merita questo nome, che non la scelta d'un obiettivo abbordabile e la presunzione di
riuscire. Anche su un piano semplicemente umano.
In altre parole: se tu scegli come ideale di vita qualcosa che è al di sotto anche solo d'un
millimetro delle tue possibilità, o qualcosa di subito facile e accessibile ai tuoi mezzi, di
semplicemente conforme alle tue capacità ed esattamente secondo la tua misura, non costruirai te
stesso e il tuo futuro, non scoprirai la tua verità e non raggiungerai felicità alcuna, ma ti condannerai
semplicemente a ripeterti e... donarti. Senz'alcuna novità e nella noia del non senso, pericolosa e
frequente anticamera della disperazione, anche giovanile.
Ricorda, Andrea: nessuno, come Dio, ti può , chiedere il massimo e darti al tempo stesso la
forza di realizzarlo.

mercoledì 5 agosto 2009



“ Tu sei sacerdote per sempre”… sono queste le parole che fr. Anthony Tiu si porterà per sempre nel cuore ora che è sacerdote della Chiesa di Cristo, consacrato dall’Arcivescovo di Cosenza Mons. Salvatore Nunnari. In una bellissima celebrazione insieme ai frati della custodia di Calabria alla quale ha fatto da cornice la monumentale Chiesa del Convento di San Bernardino in Amantea (CS). fr.Anthony giunto dalle Filippine ed affiliato alla Provincia di Napoli ha ricevuto la tanto attesa e desiderata ordinazione sacerdotale desiderando di uniformarsi e conformarsi a Cristo Sommo ed Eterno sacerdote. Svolge da circa un anno il proprio ministero francescano ad amantea sotto la guida del custode di calabria Padre Francesco Celestino e qui si è preparato costantemente alla solenne ordinazione sacerdotale. Il ministero che sarà chiamato a svolgere lo porterà ad essere uomo tra gli uomini in quanto – come ha sotolineato l’Arcivescovo durante l’omelia- il popolo con il quale si troverà a lavorare non va giudicato ma capito, in particolare i giovani ai quali serve una testimonianza di vita autentica all’insegna del vangelo. Toccante è stato il momento centrale dell’ordinazione quando il Vescovo, esercitando la sua potestà di consacrare pastori per il popolo, trasmessa dagli apostoli, ha pronunziato la preghiera consacratoria ed ha imposto le mani sul capo del candidato. A tale momento han fatto da corona i tanti sacerdoti della custodia e del clero di amantea i quali lasciavano trasparire la felicità di aver un nuovo confratello e qualcuno si è lasciato fuggire un po’ di emozione certamente rievocando il giorno della propria ordinazione. Ciò che avrà provato fr.Anthony dentro di sé, quel giorno, non si potrà descrivere a parole in quanto il sacramento dell’ordine è un dono immenso che Dio fa all’uomo permettendogli di far scendere per le sue mani il proprio Figli sulla mensa dell’Altare. Ma il sacerdote al contempo è un uomo chiamto a guidare il popolo di Dio modellato sull’esempio del “Bel Pastore” che guida il gregge a lui affidato ai verdi pascoli e ad acque tranquille; perciò il sacerdote, pur essendo alla guida del popolo non è suo proprietario ma suo servitore ecco perché è chiamato a cingere oltre la stola del celebrante il grembiule del servitore, come fece Gesù che si cinse i fianchi e lavò i piedi ai suoi apostoli. A fr.Anthony l’augurio che il suo sia un servizio di testimonianza di vita secondo il Vangelo e l’esempio di san Francesco vissuto con gioia, la gioia di chi incontra il Risorto, dopo averlo incontrato sulla Croce e corre a dare con Amore l’annuncio di Fede e di Speranza.

sabato 1 agosto 2009

Le origini del francescanesimo in calabria


La terra di Calabria, nel XIII secolo, governata da Federico II di Svevia il quale si preoccupava di avviare un processo egemonico fra la Corona e le altre realtà feudali ed ecclesiastiche, resa dai numerosissimi monasteri Brasiliani e benedettini“la terra classica dell’ascetismo monastico” o “nuova Tebaide”, vide giungere durante la sua prima fase d’espansione per volontà dello stesso fondatore San Francesco d’Assisi la nuova religio: l’Ordine dei frati Minori. Esso, sorto in seguito all’esperienza della conversione del giovane Francesco di Pietro di Bernardone doveva essere, secondo il desiderio di Francesco solamente una Fraternitas accomunati dal desiderio di vivere insieme “la vita del Vangelo di Gesù Cristo”. Tale nuova forma di vita evangelica per la storia della Chiesa, nel 1209 era stata autorizzata provissoriamente da Innocenzo III, attirò una tale moltitudine di persone che da fraternitas diventò una religio, l’Ordine dei frati Minori. Ad Assisi tutti gli anni i frati tenevano importanti riunioni per l’organizzazione del nuovo Ordine: i Capitoli generali i quali servivano a stimolare attraverso l’esperienza collettiva la coscienza della famiglia religiosa ma presto divennero organi amministrativi e legislativi per l’intero Ordine. Al loro termine i frati si “disperdevano” per la terra italiana. È al termine del Capitolo di pentecoste del 1217 che si avviò la formazione delle Province dell’Ordine poste sotto la guida del Ministro Provinciale. Le province madri furono tredici tra cui la Calabria.
Nel 1217 la Calabria era una Provincia tutta da organizzare perciò Francesco chiamò un ottimo discepolo: Pietro Catin da S.Andrea della marca settentrionale, così egli fu il primo Ministro Provinciale di Calabria. Pietro raggiunse la Calabria a piedi secondo l’uso francescano e giunse a Castrovillari facendone la base di lancio della sua attività nella Provincia. È il 1220 quando Pietro a Castrovillari fa sorgere il protoconvento della Calabria. Dieci anni dopo la fondazione della provincia, vi fu l’avvenimento che ne rivelò tutta la vivacità spirituale: la missione in Marocco di un gruppo di frati calabresi guidati da Daniele da Belvedere, essi erano: Agnello, Samuele, Donnolo,Leone, Nicola,Ugolino. Entrati di nascosto nella città di Ceuta interdetta dai cristiani si misero a predicare, perciò furono arrestati e portati innanzi al re il quale lì giudicò pazzi, perciò furono rinchiusi nella prigione dove trascorsero otto giorni senza cibo, così si cerco di dissuaderli dalle loro argomentazioni circa la regalità di Gesù Cristo ma data la loro irremovibilità il giudice della città Arnoldo stabilì che venissero decapitati. Udita la sentenza i sette frati, come fossero invitati a banchetto facevano a gara per chi per primo dovesse ricevere la palma del martirio. Esortati da Daniele, ricevettero il martirio per decapitazione il 10 ottobre 1227. La ferocia dei carnefici non si fermò qui: infatti le loro teste ed i loro corpi furono fatti a pezzi e gettati a terra e calpestati dai saraceni e dai bambini. Quando l’ira furibonda si fu placata i loro resti furono raccolti dai cristiani e nascosti presso i fedeli in alfondengha. Dopo queste cose il figlio del re di Portogallo li chiese ed ottenne in dono di portarli in Spagna. Così fraternità francescana, ai suoi primordi ebbe tale battesimo e fu segnata da così grande testimonianza di vita evangelica nella nostra terra calabrese.