martedì 30 marzo 2010

XII Convegno Regionale Giovani


Vi invito a non macare a questo importante e bellissimo appuntamento delle nostre comunità giovani della Calabria. Un momento per stare insieme, confrontarsi ed ascoltare la voce di chi si è messo alla sequela del maestro Gesù seguendo l'esempio del poverello d'Assisi.


Il tema della giornata è:

"La Regola di vita è: Osservare il santo Vangelo".

Programma:
Ore 9:30 Arrivo e accglienza
Ore 10:00 Preghiera del mattino animata dai giovani di Catanzaro lido
Presiede P.Pasquale Sergi
Ore 10:30 Relazione sul tema della Giornata di P.Emanuele Iovannella. rettore del postulato di Benevento
Ore 11:30 pausa
Ore 12:45 Concelebrazione eucaristica: Presiede P.Francesco Celestino
Custode Provinciale
Ore 13.00 Pranzo a sacco
Ore 14:30 Cantiamo insieme: anima Fabio benincasa
Ore 16:00 Confronto con P.Emanuele Iovannella
Ore 17:00 I nostri postulanti si raccontano.....
Ore 18:00 Preghiera conclusiva animata dai giovani di castrovillari.
Mandato....

* Per le adesioni rivolgersi all'incaricato della prorpia parrocchia.
oppure chiamare: Frati Minori Conventuali
Centro regionale di pastorale Giovanile e Vocazionale
87032 Amantea (Cs). Tel. 0982. 424379. 3315363889

mercoledì 17 marzo 2010

Il Fratello del figliol prodigo scrive una lettera.


IL FRATELLO DEL FIGLIOL PRODIGO SCRIVE UNA LETTERA

Ecco una lettura del Vangelo di domenica scorsa che spesso, noi dovremmo mettere in atto.

«Caro don Tonino, io non sono né marocchino né tossicodipendente, né sfrattato. Temo, perciò, di non aver udienza presso di te. Perché ho l’impressione che oggi, se non si appartiene a quel campionario di umanità che ha a che fare con la violenza, la prostituzione, la miseria economica e morale, non si è in possesso dei titoli giusti per entrare nel cuore di Dio. Ma è colpa mia se la casa io ce l’ho, e il lavoro anche? Debbo farmi uno scrupolo se non ho mai rubato, e in tribunale non ci sono entrato neppure come testimone? Mi debbo proprio affliggere se, grazie a Dio, non ho grossi problemi di salute né soffro la solitudine?
Quando ti sento parlare degli ultimi, e affermi che la chiesa, a imitazione di Gesù, deve esprimere un amore preferenziale verso coloro che sono precipitati nell’avvilimento del vizio e dell’alcool, io, che per giunta sono astemio, mi sento quasi un escluso, Ma è mai possibile, mi chiedo, che il Signore mi scarti solo perché non frequento le bettole e a sera mi ritiro a casa in orario? Debbo proprio ritenere una disgrazia il fatto che nella graduatoria, sia pure effimera, dell’estimazione pubblica, invece che gli ultimi posti, occupo posizioni di tutto rispetto? Ricco non sono, ma non mi manca il necessario per tirare avanti con una certa tranquillità. Non ho mai tradito mia moglie, I miei figli, che non sono né malati di Aids né disoccupati, mi danno tantissime soddisfazioni. Mi reputo fortunato. E sarei l’uomo più felice della terra se, da un po’ di tempo a questa parte, a seguito di certi discorsi che ascolto in chiesa, non mi fosse venuto il dubbio che senza un certificato di emarginazione, vistato magari dalle patrie galere, mi sarà difficile l’ingresso nel regno di Dio. Dimmi: ma un po’ d’acqua nel suo catino, Gesù Cristo non ce l’avrebbe anche per me?».
Carissimo,
I tuoi piedi Gesù li lava e li asciuga con identico amore. Anche perché, forse, tra gli alluci si nasconde una piccola macchia difficile a scomparire: la riluttanza a ricevere.
Dì la verità, non hai mai affermato pure tu, come Bartolomeo nel Vangelo: che cosa può venire di buono da Nazareth? Forse questo è il tuo peccato, piccolo quanto vuoi, ma che ti colloca tra gli ultimi, pure tu.
Ti sei esercitato solo a dare. A ricevere, no.
Da un drogato può mai venire qualcosa di buono? Da una prostituta? Da un avanzo di galera? Che cosa può darmi mai un marocchino, se non un pericolo di infezioni?
Forse questa è l’unica colpa che obbliga Gesù a inginocchiarsi dinanzi a te: non voler ammettere, sia pure per raffinate ragioni estetiche, che i poveri abbiano qualcosa da insegnarti in termini di crescita umana. Sicché gli emarginati sono quasi sempre lo spazio dove esercitare le virtù della generosità; ma solo nella direzione del dare e mai dell’avere.
Non abbiate paura, fratelli irreprensibili e buoni. Gesù Cristo si piega anche su di voi. Se non altro per dirvi che non serve a nulla svuotare la casa per gli infelici, se poi non sapete introdurvi qualcosa che essi possono offrirvi, sia pure un souvenir.
A me e a tutti voi, che apparteniamo alla confraternita dei galantuomini, conceda il Signore di capire che metterci sulla pelle la camicia dei poveri, vale più che lasciarci scorticare vivi per loro.
Come sa Bartolomeo, appunto.

Don Tonino Bello, “Quaresima Pasqua”, Edizioni Messaggero Padova, 2007, pagg 49-53

domenica 7 marzo 2010

Ora va, io ti mando (Es 3,10)

Ora và, Io ti Mando...

Meditazione sula Vocazione,
di P.Raniero Cantalamessa

"Ora va, io ti mando, fa uscire dall’Egitto il mio popolo" questo è uno dei più belli invii della Bibbia, ma in essa troviamo tutta una serie di questi "va" creativi di Dio. Quando gli uomini vengono eletti per qualche compito importante occorrono firme e controfirme, documenti, atti. A Dio basta una parola: "va" e viene creata una nuova situazione, viene aperto un capitolo nuovo nella storia della salvezza, una realtà immensa segue a questo "va" di Dio che ricorda un po’ quello iniziale di "sia la luce".

Vogliamo passare in rassegna alcuni di questi grandi "va" di Dio agli uomini. Il primo è proprio questo che abbiamo ascoltato nella lettura dell’Esodo, il "va" rivolto a Mosé, ma qui è interessante, come sempre, vedere cosa precede. "Va" non è mai la prima parola di Dio, è quasi sempre la conclusione di un dialogo. Prima c’è questo misterioso incontro di Dio nel roveto ardente, un’esperienza bruciante della vivente realtà di Dio.

Questa pagina del roveto ardente è, essa stessa, un roveto ardente. Ogni volta che la apriamo ha questo potere di bruciare, di illuminare, di far quasi sentire sulla propria pelle la presenza di Dio. E’ un momento che cambia completamente la persona di Mosè. Fino a quel momento abbiamo sentito che Mosè è un uomo che guida lui gli eventi: "voglio vedere perché" si pone domande, vuole spiegazioni perché il roveto non brucia; poi dopo che ha sentito il suo nome pronunciato due volte, cambia completamente, si vela gli occhi, diventa sottomesso, remissivo, diventa la creatura che si trova alla presenza del Creatore.

Questo è importante perché, prima di ogni invio, Dio ha bisogno di far fare un’esperienza di se stesso. L’invio, la missione nasce da un incontro per cui quello che poi questo inviato dirà non sarà per sentito dire, non annuncerà una dottrina, non porteràun messaggio scritto, ma parlerà di una persona. Nella sua voce si sentirà l’eco di un incontro personale con Dio.

Troviamo un’analogia con la chiamata di Saulo. Tra l’altro sentiamo che anche qui Dio pronuncia due volte il nome. Quando Dio pronuncia due volte il nome nella Bibbia c’è sempre qualcosa di importante che segue. Dunque la chiamata di Saulo ha qualcosa di analogo, anche questa si conclude con "Vai, io ti mando, egli sarà per me un inviato, un apostolo davanti ai re e alle genti" ma prima c’è stato l’incontro sulla via di Damasco. "Saulo! Saulo!", Chi sei tu?" Qui c’è un nome: "Io sono Gesù". Che cosa è avvenuto in quel momento nel profondo dell’essere di quest’uomo Dio solo lo sa, se anche oggi noi viviamo della luce che sprigionò da quell’incontro. Perché le Lettere di Paolo, tutta la sua opera, è l’effetto di questo incontro bruciante con la vivente persona del Risorto.

Un’altra cosa importante che notiamo in questa chiamata di Mosè è che il profeta deve farsi partecipe, deve essere quasi contagiato dal patos di Dio per la salvezza del popolo. Dio comunica a Mosè la sua passione: "Ho visto la sofferenza del mio popolo, ho sentito il suo grido" e sarà proprio questa passione che farà di Mosè non un mestierante in mezzo al popolo ma uno, come una madre, che porta il bambino sulle braccia perché Dio gli ha messo nel cuore un po’ di quello che è nel suo cuore, questa misteriosa passione d’amore di cui già parlava Origene. Diceva che Dio ha sofferto una passione d’amore per gli uomini prima ancora della passione di Cristo, anzi la passione di Cristo è l’effetto di questa passione invisibile di Dio per il popolo.

Adesso Mosè può andare e sarà un’altra persona. Mosè, abbiamo sentito in questo momento sperimenta la sua fragilità la sua inadeguatezza. Il Faraone, l’Egitto erano le cose che in quel tempo evocavano la massima potenza, il massimo prestigio e Mosè, quest’uomo che era lì a pascolare le pecore, deve sfidare il Faraone e l’Egitto e la risposta di Dio non gli toglie la sua balbuzie, la sua incapacità di parlare, gliela lascia ma gli dice una cosa: "Io sarò con te" ed è la parola che Dio dice costantemente a quelli che manda.

Quando sarà Gesù, il Verbo fatto carne, Dio reso visibile a inviare, questa stessa idea è espressa nel verbo che non sarà più "va" ma "seguimi" come dire "Io sono qui, non ti mando da solo". Questa è l’anima della missione, la missione sarà andare verso il popolo non asetticamente ma portando la passione di Dio, facendosi eco della passione di Dio per la salvezza degli uomini, per la miseria del popolo.